È – certamente da più punti di vista – di grande interesse il dialogo tra Pilato ed il Signore Gesù. Pilato dapprima tratta con superiorità Gesù, pensando averne tra mano la vita; Gesù lo obbliga a riflettere, gli toglie sicurezza sino a suscitargli timore reverenziale. Gesù sta per donare liberamente (contro ogni apparenza) la sua vita al mondo, con questo dono, quest’offerta di sé al Padre, è trasformato l’Universo intero che assume di nuovo il senso originario della creazione, liberato com’è dagli effetti di morte del peccato introdotto dalla – qui infelice – libertà d’Adamo. Quel gesto, quel dono d’immolazione di se stesso, appare all’occhio superficiale solo umiliazione, morte (sia pure riscattata dal risorgere dai morti). Al contrario, la vera lettura, ci scorge decisione regale. Certo per comprenderla non possiamo rifarci all’esteriorità che considera l’essere re come gloria, onore, potere; dobbiamo invece intendere la regalità come l’assumere su di sé la guida, cioè la responsabilità, l’impegno per il popolo.
La regalità del Signore, se vogliamo leggerne bene i segni, già ci è annunciata all’inizio della sua missione con il battesimo al Giordano. Gesù là si immerge nell’umanità fragile e colpevole per la quale si è fatto uomo. Inoltre tutta la sua vita, vissuta tra gli uomini consolando, accogliendo e sanando, quasi accarezzando l’umano più dimesso e debole, mostra la condivisione dell’umanità – assunta in ogni manifestazione, tranne la fragilità del peccato – che sulla croce è regalmente (cioè secondo regale responsabilità) riscattata e innalzata. Con l’uomo tutto il mondo, creato per l’uomo, è così rinnovato.
Questo il senso della regalità di Cristo Signore; ma proprio qui, prende significato e radice – dono e impegno anche per noi – quanto abbiamo ricevuto nel battesimo dove, nel Signore Gesù, abbiamo ricevuto appunto la regalità (!) insieme con il sacerdozio (detto comune) e l’investitura profetica del cristiano.
Don Giambattista Milani
Parroco di Ballabio
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