DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA 2ª DOPO L’EPIFANIA

“Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea”. Spontaneamente pensiamo alla gioia dei due sposi e delle loro famiglie, pensiamo all’amore che li unisce, alla vita dei figli che verranno. Ma questo racconto contiene qualcosa che ci meraviglia. Per esempio la grande abbondanza di vino (“sei anfore contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri”) dati a chi “aveva già bevuto molto”. Ci sembra un’esagerazione! Lo si potrebbe definire un miracolo inutile, non come la guarigione di una persona malata. È un po’ fastidioso anche il comportamento del direttore del banchetto che chiama lo sposo e lo rimprovera, anzi arriva ad accusarlo pubblicamente di aver agito di nascosto: “Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora!”. Lui, il direttore, doveva sapere tutto per poter organizzare bene la festa! Povero sposo, accusato ingiustamente e di fronte a tutti! A dire il vero ci meraviglia anche la prima risposta di Gesù a Maria: “Donna, che vuoi da me?”. Forse siamo abituati a un’altra traduzione: “Che c’è tra me e te, o donna?” E’vero che bisogna conoscere e rispettare le abitudini dei vari popoli e delle culture. Nella cultura orientale ogni uomo che si rivolge a una donna in pubblico tiene nascosta la relazione privata che c’è tra loro. Però le altre parole rimarcano una distanza, come a dire: “E io cosa c’entro? Cosa ci posso fare se manca il vino? Potevano organizzarsi meglio!”. Quindi vediamo in Gesù un certo disinteresse e indifferenza di fronte a una situazione che non è certamente tragica però rimane un po’ imbarazzante. 

Ma non lasciamoci impressionare da ciò che vediamo in superficie. Vediamo un po’ nel profondo. Immaginiamo Gesù seduto a tavola che non si lascia prendere da nessuna forma di agitazione, anzi è pensieroso. Pensa a quello che sta succedendo a se stesso, a quello che sta facendo. È in un momento di passaggio, è a una svolta della sua vita. Ormai sta lasciando definitivamente Nazareth e la vita di intimità familiare con sua madre Maria. C’è già un gruppetto di persone con le quali è nata una certa amicizia ma niente di più. Pensa anche al 

futuro: un momento speciale quando si troverà ancora attorno a una tavola per la cena con amici e sarà la sua ultima cena. In quella cena prenderà del vino e lo darà in dono ai commensali dicendo parole misteriose: “Prendete e bevetene tutti: questo è il mio sangue …”. Quel momento Gesù la chiama LA SUA ORA, ma c’è ancora tempo prima di arrivare a quell’ora. 

Intanto, a quella festa si rende conto che può dare un segno per farsi conoscere: è un segno silenzioso che possono capire solo quelli che osservano con attenzione. Ha semplicemente detto ai servi di andare a prendere l’acqua e di portarla in tavola. Tanti non si sono accorti di niente e hanno continuato a mangiare e a bere come se niente fosse. Il direttore non si è preoccupato minimamente di dove venisse quel vino così buono. Ma Simone, Andrea, Giovanni, Filippo, Natanaele si sono accorti che la presenza di quel vino in tavola dipendeva da una parola che Gesù aveva detto ai servi. E allora “credettero in Lui”. Hanno visto e hanno creduto. Hanno visto il vino in tavola, si sono resi conto che Gesù aveva dato un ordine e hanno deciso di conoscere meglio questo Gesù e di seguirlo. Hanno dato un nuovo orientamento alla loro vita. 

Mentre tutti in quel giorno di festa erano preoccupati per la mancanza di vino Gesù apriva la sua mente al suo futuro: lui vedeva in tutto il mondo e in tutta l’umanità le mancanze più profonde. La vita, l’amore, la gioia, la pace, la verità: l’umanità lasciata a se stessa è una povera umanità in preda alle passioni violente, caduta nella trappola della menzogna, destinata alla morte. Gesù un giorno dirà: “Io sono la Via, la verità e la Vita! Vi dico queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena!”. 

Gesù vede anche tutte le nostre mancanze di oggi che sono le mancanze di sempre e di tutti. Gesù vuole colmare queste mancanze con la sovrabbondanza dei suoi doni e della sua presenza. Dare tanto vino a una festa di nozze per rendere bella la festa degli sposi per Lui è una cosa da nulla. Ma colmare di gioia i nostri cuori, convincere gli uomini a vivere in pace, farsi accogliere da loro come colui che porta la vita e senza il quale c’è la morte: tutto questo è molto più difficile perché c’è di mezzo la nostra libertà. Solo liberamente possiamo decidere se accogliere questo Gesù oppure rifiutarlo. Questa decisione la chiamiamo FEDE. Sarà difficile e anche piena di ostacoli ma è quella decisione che colma la vita dell’amore e della gioia che solo Lui, Gesù, può donare. Dobbiamo però ricordare che per vivere in questa fede non è sufficiente essere stati battezzati da piccoli ed essere cresciuti secondo le tradizioni cristiane. È invece una scelta e una adesione che va continuamente rinnovata con piena consapevolezza e con tutto il cuore, altrimenti la si può perdere per strada.

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone