DON BENVENUTO COMMENTA IL VANGELO DELLA FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARETH

In un modo un po’ misterioso e con parole a volte difficili, l’autore della lettera agli Ebrei (la seconda lettura di oggi) parla di Gesù come di uno che si prende cura, di uno che sa interessarsi degli altri e sa chiedere: “Hai bisogno di qualcosa?” “Se vuoi posso aiutarti!”. Allora aggiunge: “Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli”. E i suoi fratelli siamo noi! Dobbiamo dunque immaginare Gesù che ci guarda, ci conosce a fondo, vede come siamo fatti, come viviamo e come ci comportiamo e dice: “Io voglio essere come voi, voglio vivere come voi”. Di solito si dice il contrario: siamo noi che guardiamo a Gesù e ci viene detto che dobbiamo imitarlo. E qui nascono altri pensieri: l’esempio di Gesù è troppo alto e non ce la faccio ad imitarlo, i suoi insegnamenti mi sembrano difficili e non li ricordo e non riesco a metterli in pratica. E nasce anche la disistima di noi stessi che non è la vera umiltà che piace al Signore, è invece la convinzione di essere fatti male, di essere incapaci, di non aver fatto niente e di essere dei falliti, e tutto questo non è vero. 

Oggi invece sentiamo un grande incoraggiamento nel sentire che è Gesù che vuole imitarci ed essere in tutto come noi. Se Gesù fosse stato quel Cristo Messia che tutti aspettavano, cioè uno che discende con forza e maestà dal cielo con potenza e gloria destinato a governare il mondo con giustizia, capace di portare la rivoluzione tra i popoli, abbattendo i potenti di questo mondo cosa penseremmo di Lui? Lo sentiremmo distaccato, lontano e sicuramente ci sentiremmo impauriti dalla sua presenza. È vero, magari ci avrebbe facilitato un po’ la vita, ma per poco. Invece Gesù ha scelto un’altra strada perché non gli piacciono le cose fantastiche ed eclatanti ma le cose più semplici e normali, le 

cose umili e quotidiane, insomma ha scelto la via della famiglia, e dina famiglia semplice e normale. Noi tutti siamo nati e cresciuti in una famiglia. È vero che non c’è una famiglia identica all’altra ma sempre di famiglia si tratta. Essere un bambino che ha bisogno di tutto, essere un bambino che chiama la mamma e il papà. Essere un bambino che non sa niente ma che a poco a poco, con l’ascolto e con l’obbedienza, impara a parlare e ad esprimersi, impara a giocare e a lavorare. Essere un ragazzo che segue le usanze della sua famiglia insieme con le altre famiglie e cioè del popolo: ci sono le feste da celebrare, le consuetudini da compiere ogni anno, le tradizioni da mantenere, i viaggi da fare, la condivisione con le altre famiglie e perfino le angosce e le preoccupazioni. 

È il racconto che abbiamo ascoltato oggi: Maria e Giuseppe danno per scontato che Gesù, dodicenne, è senz’altro nella carovana in partenza e allora partono senza rendersi conto se ci sono proprio tutti. E infatti Gesù non c’era. Allora si staccano dalla carovana, vivono tre giorni di grande angoscia sentendosi in colpa per non avere vigilato su quel figlio che Dio aveva loro donato nel modo che solo loro conoscevano, la gioia di ritrovarlo, un rimprovero pieno di rispetto come a dire che certe cose non si fanno, ma alla fine c’è anche il richiamo di un figlio diventato un po’ grande che richiama con fermezza e con dolcezza i genitori alla loro missione e al loro dovere: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Infatti Gesù non ha girovagato curiosando per la città o in cerca di strane compagnie o divertimenti, non è scappato di casa in cerca di avventure. È rimasto nel tempio che tutti consideravano la casa di Dio ed è stato trovato in mezzo a coloro che conoscevano e amavano la parola di Mosè e dei profeti e che consideravano la parola che Dio aveva rivolto al popolo. 

Ma la conclusione parla ancora di ubbidienza e sottomissione, di ritorno a casa e di lenta crescita nell’intimità familiare a Nazareth sia fisicamente che nel comportamento e nell’amore di Dio e degli altri. Senza dimenticare che Gesù ha imparato il mestiere di carpentiere e ha lavorato per guadagnarsi da vivere come vivevano i suoi concittadini di quel tempo. Questi sono i tesori che fanno parte della nostra vita e che Gesù, il Figlio eterno di Dio, ha voluto vivere con semplicità e totalmente. 

 Il problema è che certe volte questi tesori noi li perdiamo per strada o non li apprezziamo fino in fondo. Sono alla nostra portata, sono dei veri tesori ma ci sono altre cose che ci prendono ma alla fine ci ingannano e ci lasciano a mani vuote. Ringraziamo il Padre per il dono di vivere in famiglia e rinnoviamo la consapevolezza che è il più grande tesoro che abbiamo nel cammino della vita.


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio e Morterone