Samuele, lungo tutta la sua vita, guidò saggiamente il popolo d’Israele. Al tramonto della sua vita Dio lo mandò a Betlemme perché proprio lì aveva trovato uno che sarebbe stato un re “secondo il suo cuore”: si trattava di Davide, figlio di Iesse. Samuele lo unse re di Israele nel nome del Signore, anche se in quel tempo era solo un bambino. E qui si rinnova un insegnamento che abbiamo incontrato più volte, anche nel caso di Samuele, come abbiamo visto domenica scorsa: quando Dio vuol compiere opere grandi sceglie strumenti piccoli e deboli per mostrare in pienezza la sua forza e la sua sapienza.
Poi Davide crebbe: divenne un uomo famoso, un soldato valoroso, e finalmente un grande re, rispettato e temuto anche da altri re di quel tempo. Queste cose le abbiamo sentite nelle poche parole che il profeta Natan rivolge a Davide in nome di Dio: “Io ti ho unto re d’Israele, ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho messo … ti ho dato …” . Come a dire che Dio ha guidato sempre e in tutto la vita di Davide. Se lui è ricco, potente, famoso, è perché Dio gli ha concesso tutto questo nella sua benevolenza. Anzi noi sappiamo qualcosa di più: Dio gli ha promesso che da lui sarebbe venuto un figlio che sarebbe stato re per sempre, un figlio eterno e fedele, che tutti avrebbero aspettato lungamente perché avrebbe portato pace universale e giustizia: è l’Unto del Signore, il Messia. Personaggio centrale della storia umana.
Eppure noi oggi cogliamo un lato debole della vita di Davide, vediamo una sua caduta ma anche la sua forza e grandezza nel rialzarsi e nel percorrere la via della verità e della grazia. Se non ci fosse stata la parola di Dio che sa leggere la profondità dell’animo umano noi non ci saremmo accorti di nulla. Infatti dal punto di vista pratico, dal punto di vista di come vanno le cose in questa vita, si tratta di cose normali: è normale che ci siano delle guerre. Ci sono anche oggi. Ed è normale che in guerra alcuni soldati muoiano uccisi dalle armi e altri invece si salvino. Un certo soldato di nome Uria è morto in guerra e ha lasciato la sua moglie vedova. Allora il re Davide ha pensato bene di sposare questa donna rimasta vedova. Sembra tutto normale e chiaro anche se, in qualche aspetto, un po’ doloroso. E invece no.
Le cose sono andate diversamente: prima Davide prende di nascosto una donna il cui marito sta combattendo per il re. Già questo è un atto di vigliaccheria. Poi la donna rimane incinta. Allora Davide richiama il marito di quella donna e lo convince ad andare a stare un po’ con sua moglie. In questo modo il bambino che sarebbe nato sarebbe stato riconosciuto come il figlio di suo padre. Davide l’avrebbe fatta franca e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Per tutti sarebbe stata una semplice “scappatella” che un re come Davide si può permettere. Invece il marito, per rispetto dei suoi compagni, non va a casa da sua moglie. Anzi lui stesso porta al campo di battaglia una lettera del re che era la sua condanna a morte: dovevano tendere una imboscata per fare in modo che quell’uomo morisse, tutto doveva sembrare una casualità, un incidente. Quanta vigliaccheria e disonestà in tutto questo! Ma Dio conosce tutto, anche i più profondi segreti del cuore, anche tutte le macchinazioni e gli inganni che riempiono la storia umana e prima o poi fa venire tutto “alla luce del sole”. Tutto questo male la Parola di Dio di oggi lo chiama: “disprezzare la Parola del Signore!”. Così, il profeta Natan, che era consigliere spirituale del re, viene a conoscere tutto e con una semplice storiella inventata, che abbiamo sentito nella prima lettura, porta Davide a prendere coscienza del male che ha fatto al suo soldato, a quella donna e a se stesso. Davvero Davide è sceso molto in basso e ha perso ogni dignità e non merita più alcun rispetto. Davide stesso ha emesso una sentenza: “Chi fa queste cose è degno di morte! Deve pagare quattro volte il valore del danno causato!”. E il profeta allora lo smaschera e gli dice: “Tu sei quell’uomo! Tu dunque devi morire e pagare quattro volte tutto il danno che hai fatto!”.
A questo punto Davide non si nasconde dietro alle misere scuse del tipo: ma io posso perché sono un re! Ma in fondo cosa ho fatto? Quel poveretto è morto in guerra e io ho preso una donna rimasta sola …”. Caduto così in basso Davide ritrova la sua grandezza nel coraggio della verità e dice: “Sì, è vero, ho peccato!”. Così ritrova la sua dignità di uomo che sa di essere nelle mani del Signore, quel Signore che ha guidato sempre la sua vita e la vuole guidare ancora. Davide si rende conto che neanche in quel momento Dio lo abbandona anzi addirittura lo ama e manifesta il suo amore proprio perdonando Davide invece che condannarlo a morte, come lui stesso aveva decretato. Dio che l’aveva sempre salvato, lo salverà anche ora! Il profeta Natan gli annuncia: “No, tu non morirai! Il Signore ha rimosso il tuo peccato!”. Quando si vedono e si sentono queste cose la conclusione è solo quella che è scritta nel Vangelo: meravigliarsi e lodare Dio, dicendo : “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone
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