DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA SESTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

MOSE’. E’ bene sapere perché stava pascolando il gregge del suo suocero Ietro. Mosè è un fuggitivo ed è ricercato. Infatti ha ucciso un sorvegliante egiziano che maltrattava uno schiavo ebreo. Mosè era cresciuto alla corte del faraone, come fosse un figlio adottivo, ma era pur sempre figlio di ebrei. E’ sopravvissuto miracolosamente alla strage di bambini ebrei e il suo nome significa “salvato dalle acque”. Durante i lavori dei suoi fratelli ebrei, ridotti in schiavitù, lui era dalla parte dei sorveglianti egiziani. Ma quando ha visto una punizione esagerata inflitta a uno schiavo ebreo, lui si è sentito fratello di quello schiavo e ha preso le sue difese fino a uccidere quel sorvegliante. Per questo è fuggito nel deserto credendo di rendersi irreperibile e di trovare un luogo sicuro in cui rifugiarsi e dedicarsi a una vita nascosta, lontano da tutti. Lì nel deserto ha trovato la famiglia di Ietro che l’ha accolto, ne ha sposato la figlia, e si è messo a lavorare per lui come pastore. Chissà, forse avrà pensato che avrebbe finito così i suoi giorni, in tranquillità, lontano dagli eventi che coinvolgevano i grandi popoli antichi, ormai sicuro che dopo tanto tempo il suo delitto è stato dimenticato. Dopo tutto era ormai vecchio: secondo il racconto biblico aveva circa ottant’anni! Ma Dio non guarda l’età.

Dio pensa proprio a lui per farne il condottiero del suo popolo. E’ vero che il primo approccio non è molto simpatico e attraente. Alla risposta pronta di Mosè: “Eccomi!” Dio dice: “Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!”. Sembra che voglia incutere paura e mantenere le distanze, ma in realtà si tratta di quello che noi chiamiamo “il santo timore di Dio”, è quel rispetto che ogni figlio deve avere per i propri genitori pur avendo con loro tanta familiarità e confidenza.

Ma poi Dio si presenta come uno di famiglia: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Sono passati più di quattrocento anni dal tempo in cui Giacobbe e i suoi figli e nipoti erano scesi in Egitto per trovare cibo e vi si sono stabiliti. In tutti questi anni nelle famiglie si sono tramandate le storie dei loro antenati: storie di viaggi, di battaglie, di successi e d’insuccessi, di santità e di peccati, di verità e di bugie, ma sempre storie in cui i loro antenati ascoltavano la voce di Dio e godevano della sua amicizia e della sua protezione. Questo Dio non era come gli altri dei che chiedevano sacrifici per essere contenti e pretendevano di essere pagati se facevano qualche favore. Questo Dio, che continuava a essere misterioso, era coinvolto nelle vicende di famiglia e spesso si percepiva il suo intervento come una salvezza. Queste storie, che possiamo leggere anche noi nel libro della Genesi, si tramandavano di padre in figlio ed erano custodite gelosamente come un grande tesoro. Non si riesce a parlare di Dio, non si riesce a dire chi è e nemmeno come si chiama, ma si può raccontare quello che ha fatto con i nostri padri come li ha sempre guidati, protetti e salvati. Forse Mosè non ha sentito queste storie perché non è cresciuto in casa sua ma in casa del faraone d’Egitto. Forse è per questo che si è posto il problema del nome di Dio. In fondo Mosè ha ragionato anche lui come ragionavano i pagani: ogni popolo ha il suo dio, ogni dio ha il suo nome. Come si chiama questo Dio? Ma il Dio vivente non ha un nome! Anche quando dice: “IO-SONO” questo non è un vero nome. E’ meglio parlare di Lui come il Dio di Abramo o il Dio di mio padre! Se mio padre ha ascoltato la sua voce e ha sperimentato la sua protezione allora anch’io, che sono suo figlio, farei bene a imitarlo e a seguire la sua strada.

Ma poi Dio si fa più vicino e si fa conoscere come colui che ha compassione: ha osservato la miseria del suo popolo, ha udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti, conosce le sue sofferenze, ha visto come gli Egiziani lo opprimono. Per questo è sceso per liberare il suo popolo dagli Egiziani, vuole alleviare le sue sofferenze, vuole curare le sue ferite.

Noi che veniamo molti anni dopo Mosè sappiamo molte cose in più sul Dio vivente. Ce le ha insegnate la storia del popolo di Dio e i suoi profeti, ma soprattutto ce le ha insegnate Gesù suo Figlio che ci ha rivelato il Padre. Eppure ci fa bene meditare sempre le prime parole con cui Dio si presenta a Mosè: Dio è Colui che ci è vicino, sempre vicino, e conosce tutto di noi, conosce le nostre sofferenze e il nostro desiderio di salvezza. E Lui è sempre lì, pronto ad aiutarci, a liberarci, a salvarci!


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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