BALLABIO – Rinviato al 2022 il tradizionale e storico falò e la scampanellata del Fou gineer e scià febreer organizzato da parecchi anni dall’oratorio di Ballabio nella struttura della Beata Vergine Assunta. L’antica tradizione contadina, della Ballabio “verde”, di scacciare il freddo gennaio e salutare febbraio facendo fracasso per le strade silenziose e sonnacchiose, suonando qua e là i campanelli delle case viene rinviata al 31 gennaio del 2022 a causa delle normative per prevenire il contagio da Covid-19 e i relativi, pericolosi assembramenti. “Abbiamo pensato a un po’ di alternative come il lancio delle lanterne ma non erano fattibili per vari motivi e non rispettose della tradizione molto antica. – ha affermato la Responsabile dell’oratorio Irene Manzoni – Vista la situazione pandemica, abbiamo ritenuto non fosse opportuno fare il falò perchè raduna molte persone e il rischio sarebbe stato creare assembramenti.”
Quella organizzata a Ballabio è una variante della Festa della Giöbia, di antica tradizione di origine precristiana che ancora permane nelle nostre zone. In età medioevale alla Giobia è stata associata la sembianza umana, spesso quella di una vecchia o di una strega. Ricorrendo la festa alla fine di gennaio, ancora oggi viene celebrata in molti comuni con il rogo di un pupazzo simboleggiante una donna anziana per esorcizzare le forze negative dell’inverno e propiziare l’avvento della primavera. Il nome stesso della festa, Giubiana, del resto, sembra fare riferimento ad antichissimi rituali propiziatori, molto più antichi del diffondersi del cristianesimo. Il nome Giubiana sembra infatti collegato al dio romano Giove: dal nume romano viene infatti l’aggettivo i “Joviana” (e quindi la nostra “Giubiana” in molti territori della Lombardia), oppure “Jovia” (divenuta “Giobia”, in altre parti della Lombardia e nei territori del Piemonte).
Nel corso dei secoli, si crearono numerose leggende che resero ancora più mistica e suggestiva questa festa. La storia di questo personaggio ha diverse varianti, a seconda dell’area geografica.
Secondo il racconto popolare, la Giubiana era una vecchia strega, magra, con le gambe molto lunghe e le calze rosse. Viveva nei boschi e grazie alle sue lunghe gambe, non metteva mai piede a terra, ma si spostava di albero in albero. Così osservava tutti quelli che entravano nel bosco e li faceva spaventare, soprattutto i bambini. L’ultimo giovedì di gennaio, era solita andare alla ricerca di qualche bambino da mangiare. Una mamma, per proteggere il suo bambino, decise di tenderle una trappola. Preparò una gran pentola piena di risotto giallo con la luganega, e lo mise sul davanzale della finestra. Il profumo era delizioso, da far venire l’acquolina in bocca. La Giubiana sentì il buon odore e saltellò fuori dal bosco verso la pentola, e cominciò a mangiare, un po’ alla volta, tutto il contenuto dell’enorme pentolone di squisito risotto. Il risotto era veramente tanto, eppure era così buono, che la famelica Giubiana non si accorse del tempo che passava. Non si accorse che il sole, che uccide le streghe, stava ormai per sorgere. Quando la Giubiana finì tutto il risotto, il primo raggio di sole era ormai spuntato: la Giubiana fu così polverizzata dalla luce del sole, e da quel giorno tutti i bambini furono salvi. Fu così che per ricordare quella vicenda a fine gennaio si prepara il risotto con la luganiga e si brucia il fantoccio con le sembianze della vecchia strega.
Una versione un po’ più orrida, dice che una mamma prese una bambola e la riempì di coltelli e forbici, poi la mise nel letto, al posto della figlia. A mezzanotte si sentono i passi della Giubiana. La bimba spaventatissima, si stringe vicino alla mamma, mentre si sente la Giubiana salire i gradini ed entrare nella stanza. La Giubiana è feroce e in un attimo ingoia la bambola, pensando di mangiare la bambina. Si sente un urlo, la mamma va nella stanza della bimba e trova il corpo della Giubiana a brandelli, per via dei coltelli e delle forbici.
A Cantù, in provincia di Como, la ricorrenza si festeggia in maniera diversa: ad essere bruciata, non è una vecchina, ma una bellissima giovane. Secondo la tradizione, si tratterebbe di una castellana che tradì la città nella guerra tra milanesi e comaschi nel XII secolo.
Prima del falò, inoltre, nella città viene organizzato un corteo con costumi storici che rievocano la vicenda: su un carro, trascinato a mano, viene caricata la Giubiana (un manichino di donna esposto alcuni giorni prima in un locale di via Dante, poco distante dalla piazza). Il corteo raggiunge poi il municipio ed, infine, la piazza centrale dove, prima del rogo, viene anche letta pubblicamente la condanna.
Si tratta, comunque, di una leggenda perchè, ad oggi, non si sono trovate prove sull’esistenza di questa giovane.
A Olginate, Varenna come a Mandello Lario, in provincia di Lecco, sono da sempre i bambini i protagonisti, con un corteo per le vie del centro, in cui battono tamburi, latte e tutto quello che server a fare un gran rumore, per scacciare via il freddo, prima di dare via al falò sulle spiagge.
Lo spirito della manifestazione è comunque e dovunque quello di accettare il passato e di ricominciare con ottimismo. Il rogo della Giubiana è infatti soprattutto un rito propiziatorio per l’anno appena iniziato, nella consapevolezza che ognuno di noi è artefice del proprio destino.
La Giubiana e’l Gianè
van in lecc cun frecc i pè,
quand el suna mezanot
hien su a mangia ul risot.
La Giubiana la va a spass,
tuta bruta cui margasc
Tuta la gent la ga va a drè
chi pica i padei chi pica i pè.
E quand la riva in piaza gronda
tut ga fan festa grande.
E per finila in alegria
briisan lè e la stregoneria.
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