Forse è difficile per tanti, o magari per tutti, essere d’accordo con il Vangelo di oggi. Il motivo è che c’è in tutti noi un senso di gentilezza e di bontà che non vediamo essere presente nelle parole di Gesù. Davanti a una persona che ha lavorato tutto il giorno ed è stanca, tutti noi siamo portati a dire: “Ora riposati un po’, vedo che sei stanco”. Invece questo padrone dice al suo servo, che ha lavorato per lui tutto il giorno: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu!”. A noi non piacerebbe lavorare per un padrone o un datore di lavoro così duro ed egoista. Se qualcuno tra noi fosse un datore di lavoro certamente non si comporterebbe così. Così, senza compassione, si comportano gli schiavisti, ma non sono certo un modello da imitare! Ma stiamo tranquilli: Dio non è un padrone così! Lui ci ha donato il suo Figlio perché noi avessimo la vita. Gesù non è un padrone così: Lui si è fatto nostro servo, non nostro padrone! E si è fatto nostro servo proprio subendo la morte degli schiavi per dare a noi la vita!
Cosa vuol dire allora Gesù quando dice: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare!”? Vuole dirci una cosa semplice che ci ha già detto altre volte: che tra Lui e noi ci può legare solo un rapporto di amore, nient’altro. Tanta gente si era legata a Gesù per una forte curiosità, come Erode, oppure una conoscenza di comodo come la folla che aveva mangiato pane e pesci in abbondanza, oppure di sfida come i farisei che gli tendevano tranelli per coglierlo in fallo per poterlo accusare.
Oggi ci viene detto che neanche un rapporto di lavoro può legarci a lui. Anche se è giusto, buono e tutela i diritti del lavoratore. Non può esistere tra noi e Gesù, tra noi e Dio un rapporto di giustizia fondato sui diritti del lavoro: a chi lavora tanto e bene si corrisponde una paga alta, se uno lavora poco e male riceve una paga bassa. Questo può valere nelle aziende umane. Ma nella casa di Dio no! La casa di Dio è la nostra casa, Dio è il nostro Padre, non il nostro padrone, Gesù è il nostro fratello maggiore e siamo stati creati a sua immagine e ha versato il suo sangue sulla croce per noi: niente di tutto questo ha un prezzo e può essere valutato in termini economici! Dio non vuole che si lavori molto per lui! Dio non vuole il nostro servizio per un certo numero di ore di lavoro. Dio vuole noi stessi, totalmente e per sempre. Dio vuole essere amato da noi con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra mente e con tutte le nostre forze. Questo abbiamo sentito domenica scorsa.
Forse c’è anche in noi qualche residuo di mentalità vecchia e utilitaristica. Per esempio pensando che, siccome ci sforziamo di essere bravi cristiani venendo a messa tutte le domeniche e mandando i bambini al catechismo, Dio dovrebbe essere un po’ più buono con noi e darci quello che ci spetta. Sforziamoci di eliminare da noi stessi questo modo di pensare che è molto nocivo. E allo stesso modo pensiamo che Dio dovrebbe essere più sollecito nel punire chi fa il male: loro sì che si meritano una bella punizione. Dio ci liberi da questa mentalità che ci fa misurare la quantità di lavoro e la quantità della paga. Invece Dio ci doni la mentalità degli innamorati il cui amore li porta a fare spese straordinarie pur di fare un regalo gradito alla persona amata, ma non solo, sono pronti anche a qualunque sacrificio per realizzare il loro sogno di amore, e sono pronti anche al sacrificio della vita. E di storie così ce ne sono tante, anche oggi!
La Parola di Dio, oggi, ci offre l’esempio di due uomini che si sono comportati così. Il primo è Giobbe: un uomo che si è arricchito sempre di più e amando sinceramente Dio ha visto nella sua ricchezza un segno del suo amore. Poi una disgrazia dietro l’altra e Giobbe ha perso tutto ma non per questo ha smesso di amare Dio! “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”
Il secondo è Paolo. Qualche domenica fa l’abbiamo sentito autoproclamarsi il primo e più grande dei peccatori cui è stata usata misericordia. Oggi sentiamo che porta le catene come un malfattore e soffre per il Vangelo ed è pronto a sopportare molte sofferenze per la salvezza dei fratelli che Dio ha scelto! Ecco un vero servo innamorato di Cristo. Ha lavorato senza risparmiarsi per il Vangelo e il suo premio sono state le catene e la prigionia!Impegniamoci a guardarci bene attorno e scopriremo che anche oggi ci sono veri servi del Signore che non pretendono alcuna paga da lui ma lavorando per Lui desiderano solo amarlo con tutto il cuore!
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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