DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA 10ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Salomone, figlio di Davide, è passato alla storia come il costruttore di un tempio meraviglioso a Gerusalemme in onore di Dio! Su questo fatto facciamo alcune osservazioni telegrafiche. La prima cosa che notiamo è che di quel tempio meraviglioso non rimane più nulla! Certo, se amiamo l’arte e l’architettura diciamo: purtroppo! Sarebbe stato bello anche per noi poterlo ammirare in tutta la sua bellezza e maestosità! Questo ci ricorda che ogni opera d’arte è solo un pallido riflesso della bellezza di Dio e noi siamo chiamati ad amare e contemplare direttamente Dio amore che è infinitamente bello! E poi dobbiamo ricordare che alla prima richiesta di Davide di costruire un tempio grandioso Dio ha opposto prima di tutto il suo rifiuto perché già da allora Dio voleva dare il messaggio che tutto il mondo, tutto l’universo è suo e dunque non ha bisogno di una casa in cui abitare. La sua vera casa dove Dio è contento di abitare è un cuore umile e obbediente. Questo ci è stato ricordato anche dalla prima lettura di oggi: “Da quando ho fatto uscire Israele, mio popolo dall’Egitto, io non ho scelto una città fra tutte le tribù d’Israele per costruire una casa, perché vi dimorasse il mio nome, ma ho scelto Davide perché governasse il mio popolo Israele”.

Ma poi Dio si è adeguato alla volontà di Davide, suo servo fedele, e ha accettato la costruzione di un tempio in suo onore, portato a termine da Salomone, figlio di Davide. Infatti in quel luogo ci si può radunare con la medesima intenzione che è quella di rivolgere la mente e il cuore a Dio, è il luogo della preghiera e quindi può diventare il luogo dell’amore. Il tempio diventò a poco a poco il centro dell’unità di tutto il popolo d’Israele. Quando nel popolo ha regnato la ribellione, la divisione e l’ingiustizia anche il tempio si è rivelato inutile e Dio ha permesso che fosse distrutto. Non dobbiamo dimenticare che anche Gesù amava il tempio ricostruito da Erode in modo meraviglioso. Le pietre del basamento sono ancora oggi visibili a Gerusalemme. Il suo grande cruccio è stato quello di vedere troppa gente affaccendata e impegnata in affari proprio lì, nel tempio invece di vedere gente intenta a pregare e a leggere la parola di Dio! E sappiamo che giustamente si è arrabbiato. Oggi nel Vangelo lo vediamo seduto di fronte alla cassetta delle offerte. Se fosse stato un uomo come tutti probabilmente avrebbe sentito una bella soddisfazione nel vedere “tanti ricchi che gettavano molte monete”. I responsabili avrebbero pensato alla manutenzione, al pagamento degli operai, ai futuri investimenti. Ma Gesù non è un uomo come gli altri. Non giudica la quantità dei soldi offerti e tuttavia è lì proprio a giudicare: giudica il cuore e l’intenzione con cui si fa un’offerta. Vedendo una povera vedova che offre due spiccioli Gesù esprime il suo giudizio: davanti a Dio la sua offerta è più gradita di quella degli altri. Anche questo è un grande insegnamento per noi, oggi.

Eppure c’è un insegnamento più alto di tutti e l’apostolo Paolo ce lo riassume con una frase semplice e chiara: “Santo è il tempio di Dio che siete voi”. Già nell’antichità Dio, che era invocato come l’Altissimo e l’Onnipotente cioè ben lontano da noi poveri esseri umani, ha ritenuto suo vanto e sua gioia abitare in mezzo al suo popolo. E siccome era un popolo nomade, che abitava in tende da piantare e ripiantare continuamente, anche Dio ha gradito che ci fosse una tenda di cui si potesse dire: “E’ la tenda del Signore!” 

Ma anche questo è stato troppo poco per lui. Dio era orientato a farci capire che il suo desiderio era quello di abitare dentro ci noi, in ciascuno di noi! Nell’annunciazione di Maria contempliamo la prima meravigliosa casa di Dio: con il suo sì di persona totalmente umile e fedele Maria permette a Dio di incarnarsi nel suo seno. Ma lei è solo la prima. Dio vuole abitare in ciascuno di noi. Il verbo DIMORARE è molto caro al vangelo di Giovanni. La sera dell’ultima cena Gesù dice ai suoi discepoli: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23) e ancora: “In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”. E quando a Cafarnao parla del pane di vita dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Gv 6,56). Sentiamo queste parole direttamente rivolte a ciascuno di noi e viviamo profondamente la gioia di essere la casa dove Dio desidera abitare!

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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