DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE: SESTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

“Mostrami la tua gloria!”. Mosè è stato molto audace e coraggioso nel fare questa richiesta. Teniamo presente che il suo primo incontro con Dio sul Sinai è stato segnato dalla paura. Non osava alzare lo sguardo verso il fuoco che bruciava il roveto senza consumarlo, si era avvicinato spinto da curiosità ma poi gli è stato chiesto di togliersi i sandali perché stava calpestando un luogo santo! E anche quando Dio voleva mandarlo dal Faraone, perché lo lasciasse uscire dall’Egitto, Mosè, sempre preso dalla paura, voleva tirarsi indietro. Poi però ha obbedito alla voce di Dio, è stato colui che ha accolto la Legge da Dio e l’ha trasmessa al popolo, ha stabilito l’alleanza tra Dio e il popolo, ha implorato perdono per il popolo peccatore. Insomma è nato tra Dio e Mosè qualcosa di veramente speciale: tanta confidenza, una vera amicizia, una familiarità intima, anzi qualcosa di veramente nuovo se pensiamo al modo in cui gli antichi si rapportavano alla divinità: si tratta di amore! Qui affonda le sue radici la richiesta di Mosè: “Mostrami la tua gloria!”.

Il racconto che segue è molto misterioso perché contiene ancora tracce degli ostacoli che si frappongono fra noi e Dio: “Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo”. Ma è più misteriosa l’altra frase: “Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere”. In qualche modo ci può aiutare un paragone: anche noi viviamo perché il sole splende nel cielo, ci riscalda e ci illumina ma nessuno può guardare fisso il sole. Se lo facessimo, ne resteremmo accecati! In un certo senso possiamo e dobbiamo condividere l’esperienza di Mosè. In ogni essere umano, e quindi anche in ciascuno di noi, c’è una spinta che ci porta verso Dio ma questo Dio rimane avvolto nel mistero e sembra inafferrabile e incomprensibile. “Veramente Tu sei un Dio misterioso …!” diceva il profeta Isaia. Chissà quanti anche tra di noi, sono fermi a questo punto: Dio sembra sfuggente, Dio qualche volta ci ha deluso, cercare Dio è troppo difficile o ci manca il tempo o non sappiamo cosa fare.

Eppure l’invocazione di Mosè è solo l’inizio di una storia d’amore. Dio si rivela a poco a poco mandando al popolo profeti e sapienti. Questa storia comprende perfino cadute e tradimenti ma anche perdono e pentimento. Alla fine Dio si fa uomo in Maria e assume un corpo umano, finalmente Dio lo si può vedere in Gesù di Nazareth. Durante l’ultima cena  Filippo gli chiese, come Mosè: “Mostraci il Padre e ci basta!”E Gesù gli rispose: “Filippo, chi vede me vede il Padre!”. Ma noi sappiamo bene che l’amore non si accontenta di vedere qualcosa o qualcuno. L’amore porta alla comunione, a stare insieme e per sempre. Il culmine della storia è sempre l’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli. Di quella cena si dice che Gesù “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Quella cena è stata il momento dell’amore più alto e infinito, il momento in cui Gesù ha donato se stesso nel pane e nel vino dei quali ha detto: chi mangia questo pane dimora in me e io in lui! A Gesù non basta farci vedere il suo bel volto e non basta neppure a lui vederci anche da vicino. Lui vuole l’unione perfetta e totale perché l’amore vuole arrivare proprio lì!

Noi siamo pienamente partecipi di questa ultima tappa della storia, noi siamo molto più fortunati di Mosè. Noi sull’altare possiamo contemplare la semplicità di un po’ di pane: non incute paura e non è rivestito di quella gloria di luci, colori e lusso che spesso circondano i grande personaggi. Ma il pane è cibo, è vita! “Chi mangia questo pane vivrà in eterno!”. Nel gesto di mangiare questo pane Dio vuole unirsi a noi e venire ad abitare in noi, non si tira indietro come ha fatto con Mosè: “Tu non potrai vedere il mio volto!”. E’ vero che il volto di Dio lo contempleremo nell’eternità ma l’unione con lui è già vera e totale fin da ora!

Ma per evitare di intendere questa storia d’amore come una fantasia Gesù ci richiama alla concretezza dell’amore vissuto quotidianamente: ci dà quella che è chiamata la “regola d’oro” dell’amore: Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro, invitandoci pure ad amare i nostri nemici, a pregare per quelli che ci trattano male, a benedire quelli che ci maledicono. Senza questi fatti concreti di amore, quell’amore di cui abbiamo parlato prima resterebbe pura fantasia!

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benevenuto Riva

Parroco di Ballabio

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