Per comprendere bene il messaggio nascosto in questa parabola dobbiamo tenere presente che negli ultimi giorni della vita di Gesù, poco prima del suo arresto e quindi della sua condanna a morte, scoppia in modo definitivo e totale l’avversione delle autorità civili e religiose nei confronti di Gesù. Dopo essere entrato in Gerusalemme, accolto festosamente dai discepoli, dai poveri e dai fanciulli, dopo avere accolto proprio nel tempio i ciechi e gli storpi, gli si avvicinano i capi dei sacerdoti e gli scribi che lo attaccano per il suo modo di fare. Poco dopo ancora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo che gli domandano con quale autorità fa tutte quelle cose. Poi un’altra volta i capi dei sacerdoti e i farisei fanno di tutto per catturarlo ma hanno paura della folla perché considerava Gesù un profeta. Proprio a loro Gesù racconta questa parabola.
Dopo avere ascoltato questa parabola i farisei se ne vanno e tengono consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Allora mandano di nuovo alcuni dei loro discepoli con gli erodiani a interrogarlo sul pagamento delle tasse al governo di Roma. Infine vengono anche dei sadducei (ricchi di soldi e di potere) che mettono alla prova Gesù sul tema della risurrezione. Ormai il conflitto con Gesù è diventato insanabile. Tutti si schierano definitivamente contro di lui. Gesù deve essere eliminato ma manca l’occasione opportuna, quell’occasione che sarà offerta loro da Giuda, uno dei discepoli più vicini a Gesù. Allora cosa vuol dire veramente Gesù raccontando questa storia di un re? Cosa sta dietro tutti quei personaggi come gli invitati a nozze, i servi insultati e uccisi? Chi sono i commensali cattivi e buoni che entrano tutti insieme a partecipare alla festa, e come mai il re che prima sembrava così buono ora fa buttare fuori uno solo perché non ha la veste degli invitati? E a noi cosa dice questa parabola? Come ci interpella e ci coinvolge? Sembra difficile rispondere a tutte queste domande ma possiamo facilmente cogliere il punto centrale ed è che Dio (il re della parabola) ha un progetto grande e bellissimo ed è un progetto di amore e di gioia: il suo figlio vuole unirsi alla sua sposa e vuole rendere partecipi gli altri della sua gioia. Nella realtà è il figlio di Dio, Gesù, che ama la comunità dei suoi credenti come la sua diletta sposa.
Ma le autorità del popolo che Dio si era scelto, e che credevano di sapere tutto su Dio e la sua legge, sono colti di sorpresa: erano pronti a onorare Dio, come i pagani onoravano i loro dei, con tante preghiere e tanti sacrifici, perché non si arrabbiasse troppo, erano pronti ad ascoltare la sua legge e adempierla per farlo contento, ma non erano pronti a un Dio che dà tutto con abbondanza e gratuitamente e semplicemente vuole condividere con altri la gioia di un figlio che si unisce in matrimonio. Non sono interessati a un Dio così. Ma Dio non cambia il suo progetto di festa, di gioia e di amore e invita tutti coloro che sanno intendere questo linguaggio che è il linguaggio del cuore, il linguaggio dell’amore: Dio è pronto a donare a tutti la sua gioia, la sua grazia, il suo amore gratuito e misericordioso.
Ecco la grande sala del suo regno con le porte aperte indistintamente a tutti, a qualunque popolo si appartenga. Non conta più l’essere di pura discendenza di Abramo, non conta l’ignoranza di Dio o avere servito altri dei inesistenti o il male commesso, anzi non conta neppure la quantità di opere buone compiute con l’intenzione di acquisire dei diritti nei confronti di Dio (quel tale che in qualche modo è riuscito da furbo a entrare nella sala delle nozze). Conta soltanto il riconoscere che Dio è infinitamente buono e solo in Lui e nella sua bontà possiamo confidare per poter dire di essere salvati. Ecco perché anche noi siamo coinvolti dalla parabola di Gesù. Anche noi, come gli antichi gruppi di spiritualità o di potere del popolo ebraico, corriamo il rischio di non capire precisamente che Dio ci chiama a una grande festa e vuole donarci il suo amore infinito e gratuito che ci dà una grande gioia. Chiediamo a Dio di preservarci da questo pericolo e di aiutarci ad essere sempre riconoscenti e pieni di gioia per essere stati invitati alla sua festa.
Don Benevuto Riva
Parroco di Ballabio
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