“Gli vennero incontro dieci lebbrosi che si fermarono a distanza”. Al giorno d’oggi la lebbra è una malattia come le altre, la si cura come si curano le altre malattie. Ma al tempo di Gesù e per molti secoli dopo è stata considerata una malattia speciale, particolarmente brutta perché deforma il viso e le altre membra del corpo. Dire lebbra, ritenuta particolarmente contagiosa, voleva dire isolamento, cessazione dei rapporti familiari e di amicizia, perfino impossibilità di pregare e di ascoltare la parola di Dio nella sinagoga, cessazione di ogni lavoro e di ogni attività, disperazione perché non c’era possibilità di guarigione. La lebbra divorava la vita a poco a poco. C’erano anche altre malattie della pelle che oggi chiamiamo dermatologiche: anche di quelle si temeva il contagio ma da quelle si sperava la guarigione. Una volta guariti si andava dalle autorità religiose che certificavano la guarigione e attestavano che si poteva ricominciare la vita normale.
Si racconta nel vangelo che Gesù aveva incontrato altri lebbrosi. Uno in particolare a Cafarnao si inginocchiò davanti a lui e gli disse: “Signore, se tu vuoi puoi guarirmi!”. Subito Gesù lo toccò (ma non avrebbe potuto toccarlo perché la Legge lo proibiva) e gli disse: “Lo voglio, sii guarito!”. Oggi invece abbiamo sentito di un gruppo di dieci lebbrosi che si fermano a distanza e gridano. Gesù non dice loro di avvicinarsi. Si adatta alla loro buona volontà di attenersi alle regole sociali. Ma alla loro richiesta: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”, Gesù risponde subito: “Andate a presentarvi ai sacerdoti” che è come dire: “Voi siete già guariti, andate dalle autorità costituite, constatino la vostra guarigione e ricominciate a vivere
come prima!”. Loro hanno obbedito e sono andati. In realtà, Gesù ha messo alla prova la loro fede. Hanno obbedito senza vedere la propria guarigione, si sono messi prontamente in cammino, quindi hanno creduto a loro modo alla parola di Gesù. Hanno fatto bene perché durante il cammino si sono sentiti guariti. Quindi, obbedendo alla parola di Gesù, saranno andati dalle autorità per farsi certificare la guarigione. Tutti tranne uno.
Un Samaritano torna indietro da Gesù. A pensarci bene sta disobbedendo sia alla Legge che al comando di Gesù. Ma si lascia guidare dallo spirito di riconoscenza e di gioia che ha invaso il suo cuore. Non gli interessa più il certificato di sana costituzione fisica e neanche il riprendere gli impegni che aveva prima della malattia e neanche di tornare dai suoi parenti e familiari e riabbracciarli. Certamente sarebbe andato più tardi. Ha capito che Gesù l’ha guarito! Ora vuole tornare da Lui “lodando Dio a gran voce”, si prostra davanti a Gesù (ma di per sé ci si prostra solo davanti a Dio!) e lo ringrazia. Vedendo un Samaritano, cioè uno straniero emarginato, che loda Dio Gesù sente di aver compiuto la volontà del Padre. Per questo Lui è venuto nel mondo: per far sì che gli uomini conoscano il Padre. Gesù gioisce di questo però accetta anche l’adorazione di quest’uomo perché anche questa è la volontà del Padre: che gli uomini conoscano il Figlio che Lui ha mandato! Quando un uomo conosce l’amore del Padre che salva attraverso il suo Figlio raggiunge la meta della sua vita perché noi siamo fatti per Dio, per il Padre. Siamo chiamati a vivere nella famiglia di Dio, ad essere un cuore solo e un’anima sola con Dio e con i nostri fratelli.
Per questo, Gesù alla fine non parla più di guarigione ma di salvezza: “Alzati e va’: la tua fede ti ha salvato!”. Essere salvi è qualcosa di più grande e di più prezioso che avere i documenti a posto e avere una cittadinanza in uno stato o in un altro, o avere un lavoro, una professione, una famiglia. Tutte cose umanamente belle e importanti! Ma appartenenti alla vita su questa terra e quindi destinate ad essere superate da qualcosa di ben più grande: conoscere e amare Dio Padre perché siamo suoi figli !
Questo ci insegna quella persona di Samaria di cui non ci è stato tramandato il nome: nel viaggio della vita ci si aggrappa giustamente al bene della salute, delle amicizie, della famiglia e del lavoro. Ma quando ci si incontra veramente con Gesù la nostra vita continua in un modo totalmente nuovo. Lui diventa la grande ricchezza della nostra vita, il nostro grande tesoro. Se uno lo incontra veramente non lo abbandona più. Così ha fatto quel Samaritano. Pure gli altri nove l’hanno incontrato ma il loro vero interesse era la salute e nient’altro!
E tutto questo è successo come una risposta divina a una semplice invocazione di alcuni poveri lebbrosi: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”
–
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone