DON BENVENUTO COMMENTA IL VANGELO NELL’OTTAVA DOPO NATALE

Un giorno Gesù ha invitato coloro che lo stavano ascoltando a ritrovare la propria fiducia in Dio che è Padre guardando gli uccelli del cielo: infatti il Padre celeste li nutre e se ne prende cura. E aggiunse: “Voi valete più di molti passeri!”. Oggi però la parola di Dio che abbiamo ascoltata ci invita ad imitare un altro uccello che vola molto in alto: è l’aquila! Sì, anche noi dobbiamo imparare a volare alto con la nostra mente e il nostro cuore: il senso di questo invito si trova nel fatto che spesso la nostra attenzione si ferma su tante cose piccole che invece vanno ridimensionate e collocate al loro giusto posto. Possiamo fare la stessa esperienza del volo dell’aquila anche quando siamo sulla cima di un colle o di una montagna: con uno sguardo solo possiamo ammirare tutta la vastità e la bellezza di un paesaggio che acquista una nuova bellezza e ci riempie l’anima.

Nella prima lettura dall’antico libro dei Proverbi abbiamo ascoltato il grido di un misterioso personaggio di natura femminile che viene chiamata SAPIENZA. Presenta se stessa come una persona che fu generata ancora prima delle montagne e delle colline, quando non esistevano i campi né chi li coltivava. Con immagini poetiche parla della formazione del mondo con i cieli, la terra, il mare fino a quando esprime la sua gioia trovando gli esseri umani che nella vita accettano di comportarsi secondo quello che dice lei stessa, la Sapienza. Quello che noi chiamiamo una vita buona e bella. Chi vive in modo sapiente si dice che conosce l’arte di vivere. Chi non vive secondo la Sapienza viene chiamato insipiente, cioè “stolto”. Tutto questo è un invito a fermarsi a contemplare la natura che ci sta attorno con le sue montagne, i suoi laghi, i prati e i fiori per chiedersi: chi ha fatto tutto questo? Dove ero io quando si sono formate queste montagne? Da quanti milioni di anni questa montagna è qui così solida e quanto dura la mia vita rispetto al tempo di questa montagna? C’è una Sapienza e una Provvidenza che governa tutto e tutti, e noi siamo nelle sue mani. Pensare a questo non vuol dire estraniarsi dalla concretezza della vita quotidiana, vuol dire piuttosto ridimensionare quelle cose che rischiano di prevalere sul resto e farci dimenticare altri valori più importanti. Invece dobbiamo ristabilire l’ordine e dare a ogni cosa il suo giusto valore.

Anche san Paolo ci invita a fare la stessa cosa: guardare tutto il mondo e tutta la storia vedendo che al centro c’è il Figlio del suo amore, cioè Gesù. Ma san Paolo con poche parole accenna un’altra cosa: il mondo in cui viviamo è anche un mondo lacerato che cha bisogno di riconciliazione e di pace. Anche noi scopriamo tante contraddizioni e lacerazioni nella nostra vita: sono tutti elementi che ci fanno soffrire, ma solo con Gesù e in Gesù si ritrova la riconciliazione e la pace.

Questo Gesù è una persona viva, è carne della nostra carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi, lo possiamo invocare e chiamare FRATELLO nostro, è Dio eterno che sentiamo vicino ed è a portata di mano. Il volo d’aquila che siamo invitati a compiere ascoltando il Vangelo di oggi, che è la prima pagina del vangelo di Giovanni, vuol dire proprio questo: fissare il nostro sguardo su Gesù, chiedere chi è, perché si è fatto bambino, chi lo ha accolto prima di me, come e perché lo posso accogliere, come cambia la mia vita quando lo accolgo. Questo “volare alto” è una scelta che tutti possiamo fare perché non dipende né dal grado di studi che uno ha raggiunto né dal quoziente intellettuale.

Non dipende neanche dal fatto che uno si sente più o meno fortunato nella vita. Ecco cosa ha scritto in tarda età un grande uomo del passato che ha servito la Chiesa come Papa: Giovanni XXIII: “Più mi faccio maturo di anni e di esperienze e più riconosco che la via più sicura per la mia santificazione personale resta lo sforzo vigilante di ridurre tutto al massimo di semplicità e di calma, con attenzione a potare sempre la mia vigna di ciò che è solo fogliame inutile e viluppo di viticci, e andare diritto a ciò che è verità, giustizia, carità, soprattutto carità”. Ecco un uomo delle nostre terre cresciuto con la mentalità contadina delle campagne bergamasche, che ha avuto una grande esperienza internazionale e che scopre che anche nella vita da Papa c’è tanto “fogliame inutile” e rami secchi che sono da “potare” proprio perché secchi e inutili. E tutto questo al fine di cercare la verità, la giustizia, la carità. Anzi soprattutto la carità. Quello che ha fatto lui da Papa lo possiamo fare anche noi stando ciascuno al nostro posto: potare rami secchi, buttare via tanto fogliame inutile che intralcia e rattrista tanta parte della nostra vita e ricercare la verità, la giustizia, la carità. Questo vuol dire volare in alto, come un’aquila.

 

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone