DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE NELLA QUARTA DOMENICA DI PASQUA

Queste parole così belle di Gesù in realtà sono nate in un momento molto difficile. Questi Giudei ai quali Gesù si rivolge si sono avvicinati a Lui mentre passeggiava da solo nel Tempio in occasione della Festa della Dedicazione. Si voleva ricordare la purificazione di quel luogo santo dopo che era stato profanato dal re siriano Antioco IV che voleva distruggere le fede di Israele. Tutto questo era avvenuto circa due secoli prima. 

Quei Giudei si sono avvicinati a Gesù in atteggiamento di sfida: “Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente!”. 

Insomma accusano Gesù di non essere chiaro nelle sue parole. Invece Gesù risponde dicendo che Lui ha parlato e agito sempre chiaramente e alla luce del sole. Sono loro che non possono capire perché sono chiusi su se stessi, non sono pronti ad ascoltare. Infatti per ascoltare una persona e capire quello che dice occorre un legame affettivo. Prima c’è un legame di attrazione e interesse che cresce e diventa stima, amicizia più o meno forte che poi, se si vuole, può crescere e diventare amore, quell’amore grande che arriva al dono della vita. Quelle persone non stimavano Gesù e allora non potevano capire la sua parola e tanto meno accettare la sua persona. Infatti poco dopo le parole che abbiamo ascoltato quei Giudei presero di nuovo delle pietre per lapidarlo. La lapidazione era la punizione per una colpa grave. Ma Gesù cosa aveva fatto di sbagliato? Quei Giudei dicono a Gesù: “Non ti lapidiamo per un’opera buona – avevano visto anche loro che Gesù aveva fatto del bene – ma per la bestemmia, perché tu, che sei uomo, ti fai Dio!”. Per questo Gesù si ritira in un luogo lontano dalla città, 

vicino al Giordano, dove lo raggiunge la notizia che il suo amico Lazzaro è ammalato ma lui aspetta ancora un po’ di giorni prima di muoversi e andare a trovarlo. Questa storia l’abbiamo sentita due settimane prima di Pasqua. 

Proprio in questo momento drammatico della sua vita Gesù, rivolgendosi a quei Giudei che lo accusavano, parla dei suoi discepoli e quindi anche di noi. Lui ha il cuore addolorato nel vedere la durezza di cuore delle persone che gli sono attorno ma quando si tratta di noi usa parole molto belle che ci confortano molto e ci rendono anche fieri e contenti di essere suoi discepoli. In realtà, per quanto riguarda noi stessi, Gesù dice solo due parole: ascoltare e seguire. “Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono”. Notiamo che qui non sta dicendo di ascoltare la sua parola e di metterla in pratica, qui si parla di ascolto della voce. Proprio come ha fatto Maria di Magdala la mattina del primo giorno della settimana quando una persona, che lei ha pensato fosse il custode del giardino, l’ha chiamata per nome ma l’ha chiamata con un tono della voce che lei sola conosceva: era Gesù! Proprio come facevano i pastori di quel tempo, e anche del nostro tempo, che insegnano alle pecore a riconoscere il richiamo del proprio pastore e a distinguerlo dagli altri richiami. 

Questo ci apre gli occhi sulla nostra interiorità: Gesù, il nostro pastore, ci manda dei segnali, ci richiama, ci invita. Lo sappiamo e ora ci sforziamo di riconoscere quale è il suo richiamo e la sua voce in mezzo a tanti altri richiami che gridano più fortemente e ci confondono. Ma questa non è una esperienza riservata a pochi privilegiati o che dipende dal grado di studio o dall’età. Non dipende neanche dal fatto che si ha o no il tempo di pregare o altro. No. È un’esperienza aperta a tutti e possibile a tutti in qualunque momento della vita perché dipende solo dal nostro desiderio di riconoscere la voce di Gesù che ci parla pur in mezzo a tante altre voci. Tutto questo riguarda noi stessi. 

Quello che segue sono cose meravigliose che riguardano Gesù e il Padre: Gesù ci conosce tutti e profondamente, Gesù ci dona la sua vita ed è la vita eterna, Gesù ci promette la sicurezza di essere in buone mani per sempre, ci proteggerà da ogni male, siamo nelle mani del Padre che ci ama infinitamente ed è più potente di qualunque forza avversa che vorrebbe rovinarci. Gesù e il Padre sono una cosa sola e chiamano anche noi a far parte di questo mistero di questo amore infinito ed eterno. In mezzo a tante preoccupazioni e incertezze che spesso oscurano le nostre giornate ravviviamo la coscienza di essere al sicuro nelle mani di Dio Padre e diciamogli il nostro grazie.

 

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone

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