Immediatamente prima di questo racconto, l’evangelista Giovanni scrive: “Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase”. Qui Gesù viene a sapere che il suo amico Lazzaro è malato ma lui non si affretta ad andare a trovarlo. Le sorelle di Lazzaro confidano in Gesù: sanno che Gesù, come ha guarito tanti altri ammalati, così può guarire anche il loro fratello. Ma Gesù sta vivendo come un fuggiasco: è un ricercato dalla giustizia, le autorità invitano la gente a fornire notizie su di lui, a denunciarlo, proprio come si fa per i malviventi o i criminali. Anche i discepoli se ne rendono conto e certamente hanno paura anche loro. Cercano di trattenere Gesù lontano dalla città e gli dicono: “Poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”. Tommaso invece sembra più coraggioso e dice agli altri: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. Non vuole abbandonarlo nel momento del pericolo. Quando Gesù arriva a Betania, le sorelle di Lazzaro rivolgono a Gesù, con molta delicatezza e rispetto, un leggero rimprovero, come a dire: “Sei arrivato tardi! Ormai non c’è più nulla da fare. È morto quattro giorni fa!”.
Anche Marta e Maria sono legate a Gesù da un grande affetto e una sincera amicizia ma devono fare ancora qualche passo per crescere nella fede. Sono un po’ come il cieco nato quando pensa che l’uomo chiamato Gesù, che gli ha comandato di andare a lavarsi dopo avergli sporcato gli occhi, sia un uomo mandato da Dio, un profeta: proprio per questo è capace di guarire gli ammalati. Ma Gesù non è solo questo! Marta e Maria non pensano neanche che possono chiedere a Gesù un dono specialissimo: “Fai tornare in vita il nostro fratello!” Quando uno è morto, è morto e basta. Tutto è finito! La pensiamo anche noi così!Gesù invece vuole portare queste sue amiche a un cambiamento profondo della mente e del cuore, a una crescita radicale della loro fede e del loro amore: considerare Gesù non solo come un amico buono, speciale e anche potente, migliore di tutti gli altri. Gesù invece dice di sé: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me (cioè chi affida la sua vita a me, che sta con me e si fida di me) anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno!”. Qui Gesù si rivela come nessun altro ha mai osato fare. Propone se stesso come valore assoluto, che non passa mai. Tutto il resto è relativo e passa in fretta! Se noi vogliamo vivere Lui non ci dice: “Io ti do la salute e il benessere, e aggiungo un po’ di anni alla tua vita. Cerca di stare bene”. Invece ci dice: “Io sono la vita! Se vuoi vivere, cercami!”.
È questo il punto che anche noi dobbiamo raggiungere e non è certamente facile da raggiungere. Anche Marta ha esitato e Gesù l’ha richiamata: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?” Ma vorremmo capire meglio che cosa è questa gloria di Dio! È soltanto il fatto che Gesù abbia richiamato Lazzaro fuori dal sepolcro? Quanti anni è vissuto Lazzaro dopo quel fatto? Noi non lo sappiamo precisamente. Comunque certamente è morto ancora! E allora a cosa è servito essere stato risuscitato? Anzi, le cose vanno ancora peggio perché la risurrezione di Lazzaro ha portato alla decisione di uccidere Gesù e le autorità volevano uccidere anche Lazzaro perché a causa sua troppa gente si avvicinava a Gesù!
Oggi vediamo Gesù che si commuove profondamente fino a scoppiare in pianto ed è molto turbato! Poco dopo lo dirà lui stesso: “L’anima mia è turbata!” riferendosi al dolore della sua passione. Ma poi dà una spiegazione di quel dolore che lo porterà alla morte: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Ecco, è questa la gloria di Dio: il marcire di un seme di grano produce la vita di una spiga ricolma di tanti altri semi. La morte del Figlio di Dio produce un evento straordinario: “Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.
Dobbiamo imparare anche noi a vedere la gloria e la potenza di Dio non in eventi miracolosi e straordinari come, per esempio, malati che guariscono improvvisamente o morti che risuscitano come Lazzaro, ma nelle nostre avversità e sofferenze quotidiane che, vissute nella fedeltà a Dio e nella imitazione di Gesù, producono frutti di amore. Ed è questo amore che sconfigge il male, il nostro e quello del mondo!
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone
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