DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE: QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Miracolo del cieco nato, Cristo ridà la vista al cieco, dipinto. 3 dia 10x12 (C01.32.01-02-03), dia 6x6 (B01.09.12), stampa A4 getto d'inchiostro (G02.11.02), carige

Oggi, ascoltando il Libro dell’Esodo, vediamo il popolo d’Israele in un momento di calma. Siamo sempre nel deserto: tante difficoltà relative alla sopravvivenza sono state superate. Ora si tratta di organizzare la vita quotidiana nell’obbedienza a Dio che è la loro vera guida e che si manifesta nella presenza della nube ed dalla nube Dio parla con Mosè. Abbiamo sentito che Mosè ha pensato a provvedere il popolo di un luogo speciale e cioè la Tenda del Convegno: un luogo destinato all’incontro. In quel luogo Dio si incontra con il suo popolo: “a questa tenda, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore”. Questo vuol dire che nel popolo ci sono persone che cominciano a farsi la domanda: cosa devo fare adesso? Cosa è bene che io faccia? Cosa vuole il Signore da me? E allora chiedono una luce nella preghiera e anche in colui che Dio ha scelto e ha mandato in mezzo al popolo come guida, e cioè Mosè.

Proprio di Mosè si dice: “Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico”. Questo può sembrare un grande dono che Dio fa a Mosè. Ma noi che veniamo migliaia di anni dopo Mosè sappiamo come è andata tutta la storia: a poco a poco si è capito, con l’aiuto dei profeti, che Dio vuole parlare a tutti come amici e non solo a qualcuno più fortunato di altri.
Il Figlio di Dio, Gesù, la sera dell’ultima cena con i suoi discepoli più vicini, dirà: “Non vi chiamo più servi perché il servo non sa quello che fa il suo padrone. Vi ho chiamato amici perché vi ho detto tutto. Siete miei amici se fate ciò che io vi comando”. Anzi, possiamo dire che anche la parola AMICI è certamente bella ma ce n’è un’altra che è ancora più bella ed è la parola FIGLI. E qui possiamo ricordare la parola di san Giovanni nella sua prima lettera: “Noi siamo già figli di Dio ma quello che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quandoegli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è!”. Questa è la realtà meravigliosa che è davanti a noi, questo è il nostro vero destino!

Ma prima di arrivare a quel punto che cosa ci sta? Ci sta la FEDE che è come un cammino sulla strada dell’amicizia, dell’amore, di quel legame straordinario con Dio che ci considera come suoi figli perché ci ha fatti simili a Lui. E ogni cammino si compie facendo un passo dopo l’altro. Un cammino così l’abbiamo sentito narrare nel Vangelo. Un uomo che possiamo chiamare sfortunato perché ha avuto veramente poco dalla vita: nato cieco, mendicante per sopravvivere. Tra i vari passanti che gli passavano vicino qualcuno gli avrà dato qualche moneta, altri se ne saranno andati via indifferenti. Tra i passanti uno, in particolare, lo tratta in modo un po’ maleducato: gli sporca gli occhi e poi gli dice di andare a lavarsi a una piscina lontana circa due chilometri. Ma lui non si è arrabbiato. Obbedisce e va a lavarsi. Con sua grande meraviglia e gioia comincia a vedere. È naturale che cominci a chiedersi: come mai? Chi è quell’uomo? Dov’è adesso? Si discute su di lui! Ha guarito di sabato, non si può, ha sbagliato! D’altra parte non è una cosa da poco dare la vista a un cieco! Allora è un profeta, un uomo speciale che è vicino a Dio. Sì, è proprio così, è uno che viene da Dio! Altre discussioni non interessano.

Il poveretto viene cacciato fuori dal tempio. Proprio lì gli si fa incontro Gesù, anche lui era in fuga dal tempio perché lo stavano prendendo a sassate. Gesù che lo aveva guarito gli fa una domanda particolare che riguarda quel misterioso personaggio che tutti aspettavano dal cielo con grande potenza e gloria, pronto a sovvertire l’ordine mondiale: il Figlio dell’uomo! Credi in Lui, cioè sei pronto a riconoscerlo quando verrà? Sei pronto ad accoglierlo? Nella sua ignoranza dice: e chi è questo figlio dell’uomo? E Gesù: “È quello che tu vedi in questo momento, è colui che ti ha guarito!”. Allora quell’uomo dice: “Credo” cioè “Mi affido a te, ti accolgo. Tutta la mia vita dipende da te, non solo il dono della vista ma tutto me stesso!”. Così sia anche per il nostro cammino di fede e per i gesti o le parole che esprimono la nostra fede. Devono esprimere nient’altro che la nostra amicizia con il Signore per arrivare a dirgli: “Signore, la mia vita è nelle tue mani, dipende esclusivamente da te, e sono contento che sia così! Dimmi Tu cosa devo fare e cosa posso fare. Dammi tu la forza di affrontare i momenti difficili e mantieni sempre viva la speranza di incontrarti”.

 

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone

Scarica il foglietto degli avvisi
->11 MARZO 2024.2