“Ha soccorso Israele suo servo ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”. Queste parole sono la parte finale del canto di lode di Maria quando ha incontrato Elisabetta. Quindi all’inizio di tutto c’è la grande misericordia di Dio che è mosso a pietà per il suo popolo e allora viene in suo aiuto. E tutto questo avviene perché Dio, a suo tempo, aveva fatto una promessa speciale. L’aveva fatta a un uomo che aveva creduto in Lui: Abramo. Il re Davide è un discendente di Abramo e anche lui, nonostante i suoi peccati, è stato capace di affidarsi a Dio come a Colui che lo ha perdonato e salvato.
Proprio a Davide, Dio ha promesso di dare un discendente e di rendere stabile il suo regno. Per qualche decennio gli israeliti hanno pensato che questo discendente fosse Salomone: infatti era ricco, sapiente, potente, rispettato da tutti i re all’intorno. Ma tutto si è rivelato molto fragile e dopo di lui il regno si è indebolito sempre di più fino a scomparire. E i profeti sono sorti a dire che questo è avvenuto perché il popolo ha abbandonato il suo Dio, ma Dio non avrebbe abbandonato il suo popolo. Allora è nata l’attesa di un regno stabile secondo la promessa di Dio. Tante sono state le distruzioni subite da Israele lungo tutta la sua storia ma al suo interno ci sono sempre state persone che hanno avuto fiducia che, un giorno, Dio che avrebbe mantenuto la promessa fatta a Davide.
Quando l’angelo Gabriele è andato da Maria ad annunciare che sarebbe diventata madre di un “figlio che sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”, ha fatto riferimento proprio a quella promessa: “Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Quando noi professiamo la nostra fede in Gesù morto e risorto, ripetiamo le parole dell’angelo: “e il suo regno non avrà fine”. E quando Gesù andava in giro per le strade della Galilea e della Giudea aveva un’unica vera preoccupazione: parlare dell’amore del Padre e farsi accettare come Colui che il Padre aveva mandato in mezzo a noi. È proprio Lui, Gesù, colui del quale Dio aveva parlato a Davide: “Io sarò per lui padre ed egli mi sarà figlio”.
Queste parole acquistano tutta la loro luce e la loro pienezza proprio in Gesù. Eppure noi oggi vediamo Gesù “con le mani legate”. Sì, perché era stato catturato nel giardino degli ulivi, “lo legarono e lo condussero prima da Anna” che era suocero di Caifa, sommo sacerdote di quell’anno. Lì è stato schiaffeggiato e interrogato. Poi “Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote”. Poi condussero Gesù, dalla casa di Caifa, nel pretorio di Pilato con l’accusa di essere un re e quindi un rivoluzionario, un disturbatore dell’ordine pubblico. E ora noi non dimentichiamoci di essere i sudditi fedeli di un re che ha le mani legate come segno della sua debolezza.
In questo mondo i dominatori manifestano il loro potere con la forza, si impongono incutendo timore, spesso tolgono la libertà, opprimono gli oppositori, mettono a tacere chi va contro di loro. Il nostro re invece ha le mani legate, è incoronato di spine, è vestito di un manto rosso per essere preso in giro. Il nostro re è debole e nessuno affiderebbe a lui la sua vita e il suo destino. Il nostro re è una delle tante vittime dei poteri forti di questo mondo. Ciò che ci può tenere legati a Lui è soltanto l’amore: Lui ci ha amati per primo, Lui soffre per noi e se muore condannato è perché si è consegnato per noi. Così, presi dal suo amore per noi, gli offriamo la nostra fiducia e il nostro amore.
Poi verrà il giorno in cui tutti i regni che si credono potenti in questo mondo perché si appoggiano sul potere delle armi, cadranno miseramente, proprio tutti. E l’unico regno che durerà per sempre sarà il regno di Gesù che si manifesterà in tutta la sua potenza e gloria, ma questa potenza sarà esclusivamente l’amore. Verrà dunque il giorno in cui comprenderemo in modo chiaro che l’amore è l’unica vera potenza e forza che sostiene il mondo. Accogliamo allora l’invito di san Paolo che ci dice di “ringraziare con gioia il Padre che ci ha reso capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore”.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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