Al tempo di Gesù era una cosa normale vedere i greggi di pecore pascolare nei prati sotto la vigilanza dei pastori. Oppure vederli mentre erano in ricerca di nuovi pascoli sempre guidati dai pastori. Oggi vediamo come Gesù ha scelto proprio questo fatto della vita quotidiana del suo tempo per offrirci un esempio che ci aiuta a comprendere qualcosa di grande e di profondo della nostra vita. In verità può capitare anche a noi di vedere un gregge che passa per le nostre strade o pascolare in qualche prato. Gesù ci invita a fermarci un momento per scoprire cose grandi guardando con attenzione fatti semplici.
Il primo insegnamento che Gesù ci offre ruota attorno al verbo ‘conoscere’. “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre”. Gesù ci conosce e ci conosce profondamente. Anzi, non c’è nessuno che ci conosce così bene come Lui, neanche il nostro migliore amico o amica, neanche il nostro sposo o la nostra sposa o le persone che ci sono vicine. Perfino noi stessi non ci conosciamo bene ed è un bene che sia così. Ogni persona è un grande mistero, ciascuno di noi lo è. Fermiamoci un momento a pensare: il fatto che Gesù ci conosca ed è il solo a conoscerci perfettamente, ci fa piacere oppure no? Oppure ci lascia indifferenti? Dovrebbe essere per tutti una grande gioia sapere che qualcuno ci conosce bene. Forse può nascere qualche difficoltà per il fatto che ciascuno di noi ha le sue cose intime, private che vorrebbe dimenticare o che vorrebbe non avere fatto nel suo passato, oppure vorrebbe che restassero segrete per sempre. Invece lo sguardo di Gesù si posa su tutto, tutto è chiaro davanti a Lui, tutto è semplice, ed è uno sguardo amorevole e pieno di misericordia. Proprio le cose che noi vorremmo dimenticare o le cose che a noi sembrano brutte attirano il suo sguardo non per giudicarci o per punirci, ma per dirci: “Non avere paura, sono io che ti guarisco, sono io la tua salvezza, affidati a me, senza paura!”. Dobbiamo lavorare molto su questo punto, è un lavoro tutto interiore da fare: si tratta di superare la convinzione che Dio ci guarda e ci scruta per punirci e allora ci comportiamo come persone che si sentono in colpa e che vogliono scappare o non farsi conoscere per non essere punite o anche semplicemente per vergogna. Camminiamo invece verso la consapevolezza che è bello essere conosciuti nella verità di chi siamo ed essere conosciuti perfettamente da chi ci ama e ci ama proprio così come siamo, con le nostre capacità e le nostre debolezze.
Questo è il secondo insegnamento delle parole di oggi: “l’amore”. Infatti si conosce bene e si vuole conoscere sempre di più colui o colei che si ama. Conoscere è il primo passo dell’amore. Poi quando si comincia ad amare si desidera conoscere sempre più colui che si ama. Tutto questo è vero anche nella nostra comune esperienza di vita. E allora questo vale in particolare per Gesù. “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita”. Siamo cresciuti alla scuola di Gesù e abbiamo imparato da Lui che amare consiste nel donare la vita! Siamo vivi perché Lui ci ha dato la vita e ci ha dato la vita proprio perché ci ama e non vuole assolutamente perderci perché siamo preziosi ai suoi occhi!
E così impariamo anche noi la legge di vita: anche noi viviamo perché impariamo a fare della nostra vita un dono d’amore agli altri. Nella vita quotidiana sperimentiamo facilmente quanto tutto questo costi sacrificio: donare noi stessi è un grande sacrificio ma ne vale proprio la pena perché è un sacrificio che porta alla vita. Invece l’egoismo e l’indifferenza portano alla morte e al nulla. Nella nostra vita quotidiana cerchiamo di non staccarci mai da questi pensieri che Gesù ci ha offerto partendo dall’esempio di un pastore buono che ama le sue pecore, le guida e le protegge.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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