DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE: DOMENICA DELL’INGRESSO DEL MESSIA

“Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio”. Sono le parole del profeta che parla a nome di Dio ed esprime quanto Dio ami il suo popolo. È vero, il popolo ha sofferto molto, ha perso tutto: la città di Gerusalemme e i territori all’intorno, è stato deportato lontano dalla patria, in esilio a Babilonia, ha visto devastazioni e incendi, tanti sono stati i morti, ha smarrito la strada giusta e si è perso dietro a culti vuoti e a dei che non erano altro che pezzi di legno o statuine di bronzo, non ha coltivato la memoria dell’alleanza con Dio che l’aveva salvato dalla schiavitù in Egitto. Ora il popolo sembra distrutto e senza alcuna speranza. Proprio allora, quando si è toccato il punto più basso, quando sembra che non ci sia più alcuna speranza (“Veramente il popolo è come l’erba. Secca l’erba, appassisce il fiore”) proprio allora si ode una voce, una voce forte che annuncia cose buone, liete notizie. “Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che rechi liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: “Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene …”

E viene a premiare, a portare doni, viene a prendersi cura del gregge, cioè del suo popolo, viene a radunarlo dopo che era stato disperso, viene con dolcezza e tenerezza dopo che ha subito molta violenza. “Porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”.

Un altro profeta aveva detto parole simili a queste: “Ecco, a te, Gerusalemme, viene il tuo re, mite, seduto su un’asina”. E, dopo alcuni secoli, Gesù avvicinandosi a Gerusalemme e dicendo ai suoi discepoli di andare a prendere un’asina perché voleva sedersi su di essa, intende dire: “Eccomi, sono io il re buono e mite che viene a te. Non cercare altrove la tua consolazione e la tua pace”. Quel giorno a Gerusalemme la folla che accoglieva Gesù era in festa e gridava con gioia: “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”.

Questa è la parola di speranza che oggi siamo venuti ad ascoltare. Siamo venuti per nient’altro che per essere consolati, incoraggiati, illuminati. Abbiamo ascoltato parole semplici e parole buone che ci aiutano ad andare avanti, a vivere, ad affrontare le preoccupazioni quotidiane. Per qualcuno non si tratta solo di preoccupazioni o di difficoltà che si superano con un certo impegno, ma si tratta di eventi eccezionali, impossibili da superare con le sole forze umane. Ci vuole la forza di Dio. Certo, può essere che avvenga per noi quello che è successo a Gerusalemme: prima di sentire la voce che annuncia liete notizie e annuncia la salvezza e la vicinanza di Dio che consola e guarisce, si tocca il punto più basso, cioè quando si è persa ogni speranza. È il punto in cui si gioca tutta la nostra fede: ho perso tutto ma il mio Dio non mi può abbandonare perché Lui è fedele alle sue promesse e al suo amore!

Quest’oggi la parola di Dio si è servita anche della presenza e dell’esempio degli animali: un’asina cavalcata da Gesù, in silenzio, che intende portare la pace, gli agnellini portati sul petto dal pastore, le pecore incinte o che hanno appena partorito e che godono di una cura speciale da parte del pastore. Anche conservando nella memoria queste immagini possiamo comprendere quanto è grande l’amore di Dio per noi.


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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