Per seguire veramente le varie tappe della nostra storia dovremmo parlare anche del figlio di Abramo e cioè di Isacco e poi di Giacobbe e dei suoi figli e di come sono cresciuti sempre più fino a diventare un popolo che si è stabilito in Egitto. Ma in queste poche domeniche del periodo estivo non riusciamo a considerare tutte le vicende dei nostri padri. Ci soffermiamo solo sui momenti veramente essenziali.
Un momento veramente importante è quando il popolo, dopo essere uscito dall’Egitto si raduna ai piedi del monte Sinai, nel deserto. Lì Dio e il popolo si fanno reciprocamente delle promesse: Dio promette di stare vicino a Israele facendolo vivere, salvandolo dai pericoli, guidandolo nelle difficoltà, difendendolo dai nemici che lo attaccheranno e per fare tutto questo gli dà una regola di vita. A sua volta il popolo promette di non avere altri dei all’infuori di Lui e promette di osservare quelle parole che Dio gli rivolge: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”. Allora Mosè compie un gesto simbolico: prende del sangue dagli animali che sono stati uccisi in quel giorno e metà di quel sangue lo versa sull’altare che rappresenta Dio e l’altra metà lo versa sul popolo. Il significato è chiaro: Dio e il popolo ora sono una sola famiglia. Così come avviene in tutte le famiglie: ci si riconosce fratelli e sorelle proprio perché circola in noi lo stesso sangue che ci è stato donato dai nostri genitori. Mosè asperge il popolo con le parole: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!”.
Quello che è avvenuto è qualcosa di simile a un matrimonio: Dio è lo sposo che ha voluto legarsi a Israele sua sposa e la ama con tutto il suo amore. La sposa deve fidarsi del suo sposo e credere che lui non la abbandonerà mai.
Purtroppo le cose non sono andate così e ce lo dice chiaramente l’autore della lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Essi non rimasero fedeli alla mia alleanza”. Infatti quando Dio ha chiamato Mosè sul monte e l’ha trattenuto per quaranta giorni il popolo ha cominciato subito a dubitare: Dov’è andato a finire Mosè? Perché non si fa più sentire? E adesso chi ci guiderà? E per avere un punto di riferimento visibile e sicuro si costruiscono una statua a forma di vitello e dicono: “Ecco il tuo Dio o Israele!”. La sposa è stata inaffidabile e ha abbandonato così presto il suo sposo! Ma lo sposo che è Dio non si dà per vinto e promette: “Ecco: vengono giorni, dice il Signore, quando io concluderò un’alleanza nuova con la casa d’Israele e con la casa di Giuda. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri. Questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo”. Ma tutto questo avviene solo grazie a Gesù.
Nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato vediamo Gesù come figlio totalmente obbediente: nel suo immenso dolore aveva detto: “Ho sete!” per compiere la Scrittura. Infatti nel salmo 68 sta scritto: “Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto”. Effettivamente i soldati hanno dato aceto da bere a Gesù non un po’ d’acqua. E Gesù dice: “È compiuto!” cioè ho fatto tutto quello che sta scritto di me e su di me. Gesù è il figlio veramente fedele e dona anche a noi il suo Spirito che ci rende capaci di essere fedeli alla volontà del Padre.
Questo Spirito ci è stato donato nel Battesimo nel quale siamo stati lavati e purificati. Questo è il significato profondo dell’acqua che l’evangelista Giovanni ha visto uscire dal cuore aperto di Gesù. Ma Giovanni ha visto che dal cuore di Gesù è uscito anche il sangue. Ma questo è un sangue donato dal Figlio di Dio che è morto subendo il male ma senza compiere il male. Gesù ha vinto il male con il bene e con l’amore. Questo è il sangue della nuova alleanza che è versato per amore nostro ed è versato per la remissione dei peccati. Tutto questo ci fa capire la nostra infinita dignità di persone che sono state scelte da Dio perché fossimo fedeli a Lui alla sua Parola, al suo amore infinito e perché avendo ricevuto questo amore possiamo donarlo agli altri, in particolare a coloro che non conoscono Dio e non hanno ancora conosciuto il suo amore.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone
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