Sono passati solo pochi giorni da quando Gesù, camminando sulla spiaggia del lago di Galilea, ha chiamato alcuni pescatori nei pressi di Cafarnao. Si tratta di Simone e Andrea, di Giacomo e Giovanni. Ormai Gesù ha lasciato definitivamente Nazareth e si è stabilito a Cafarnao e Simone lo ospita in casa sua. Un giorno accade che Gesù, andando nuovamente verso il lago e passando tra la gente, vede un uomo che fa pagare le tasse. Si chiama Levi ma poi si chiamerà Matteo. Di per sé, far pagare le tasse non è un mestiere cattivo, si tratta solo di farlo bene e onestamente. Al tempo di Gesù era un mestiere rischioso e malfamato. Chi lo esercitava aveva il permesso di chiedere molto di più di quanto esigeva la legge e quindi si arricchiva sulle spalle della gente comune. Non si diceva che rubavano, ma praticamente era così. Se poi, a esercitare questo mestiere era un ebreo, la situazione si aggravava: essendo a contatto quotidiano con i pagani considerati impuri, diventava impuro anche lui! Levi era così.
Eppure oggi vediamo che Gesù, passandogli vicino, gli dice: “Seguimi!”. Non lo fa aspettare o sognare neanche un po’. Sembra che non usi le belle maniere anzi gli dà un ordine secco. Agli altri quattro, che erano pescatori, almeno aveva detto: “Vi farò diventare pescatori di uomini!”. A questo invece non dice proprio niente ma soltanto un ordine: cambia vita! Lascia tutto! E nel racconto del Vangelo si dice: “Ed egli si alzò e lo seguì”. Noi ammiriamo la prontezza di Levi, la sua obbedienza e la sua generosità. Chissà, forse non ha mai rubato o forse sì! Ma poi ci sono i pregiudizi della gente comune che parla e giudica male. Per la gente Levi è un esattore delle tasse e quindi senz’altro avrà rubato senza farsi prendere! Eppure Gesù lo guarda e lo sceglie, proprio lui e forse proprio perché ha rubato ma vuole che cambi vita. E Levi organizza un banchetto e invita i suoi amici come per salutarli: i suoi amici sono colleghi di lavoro, esattori come lui, e altre persone di cattiva reputazione chiamate genericamente “peccatori”, gente malfamata o che viveva male, non secondo la legge di Mosè, gente che viveva nel disordine morale. Questo modo di fare meraviglia molto le persone responsabili e corrette come gli scribi, esperti della legge. Anche noi sappiamo che chi frequenta le cattive compagnie prima o poi viene traviato. Lo diceva la Legge antica ma lo dice anche il nostro buon senso. Lo dice il buon senso dei genitori che si preoccupano che i loro figli abbiano dei buoni amici.
Allora perché Gesù, che all’apparenza è un maestro così bravo, frequenta i peccatori e sembra che si trovi anche bene con loro? E la risposta sta proprio nel suo nome. Lui si chiama “GESÙ” che vuol dire “DIO SALVA”. Chi salva? Salva chi si è perduto. Rialza chi è caduto. Insegna nuovamente ad amare a chi ha smesso di amare Dio e di amare il prossimo. E fa un paragone che tutti noi comprendiamo benissimo: perché ci sono i medici? Perché ci sono i malati. Se non ci fossero i malati non ci sarebbero neanche i medici. Perché Gesù è qui con noi? Perché siamo peccatori. Se non fossimo peccatori Gesù non saprebbe chi deve salvare e chi deve perdonare. Perfino il suo nome perderebbe il suo significato e non avrebbe più valore! Per Gesù è una gioia stare con noi per sanare le nostre ferite, perdonare i nostri sbagli, rialzarci dalle nostre cadute e insegnarci con molta pazienza ad amare.
Il problema sta in noi: il nostro naturale orgoglio ci fa desiderare di essere persone sempre a posto, sempre corrette, anzi perfette che non hanno bisogno di niente e di nessuno. Forse inconsciamente desideriamo di essere persone così pure e impeccabili da poter andare da Dio ed essere tranquilli, senza avere niente da nascondere o di cui chiedere scusa. Tutto questo sarebbe sbagliato! Abbiamo invece l’umiltà di dire: sì, siamo peccatori, io sbaglio spesso, non ce la faccio a fare il bene che vorrei e faccio senza accorgermene il male che non voglio (ce lo diceva san Paolo domenica scorsa) eppure mi presento a Dio con la mia sporcizia perché Lui solo è in grado di purificarmi e rinnovarmi! Metto da parte l’immagine, troppo diffusa, di un Dio arrabbiato e pronto a punire, e cerco di pensare a Dio come uno che gioisce infinitamente quando trova qualcuno da perdonare!
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone
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