Domenica scorsa abbiamo ascoltato l’invito di Gesù a guardare gli uccelli che volano nel cielo e i fiori del campo. Occorre però guardarli non distrattamente ma contemplando la loro bellezza e la loro vita come un frutto di Colui che li ha creati e si prende cura di loro: è il Padre, Dio, che li ha creati e si prende cura di tutte le sue creature.
Oggi siamo invitati ad allargare il nostro sguardo al capolavoro di tutto il creato: siamo noi, esseri umani creati da Dio che, proprio per questo, noi chiamiamo Padre: infatti è Lui che ci ha chiamato alla vita. In noi ha impresso la sua immagine: vuol dire che ci ha creati intelligenti, capaci di ascoltare, di rispondere ai suoi inviti, capaci di obbedire a lui che ci indica la strada, quindi capaci di dialogare con Lui. E ci ha creati anche liberi, cioè capaci anche di scegliere tra un sì e un no, con la possibilità perfino di voltargli le spalle, di rispondere di no al suo amore di Padre e alle sue parole. Se Dio ci ha creati con amore e per amore, non può obbligarci ad amarlo. Certamente Dio aspetta il nostro amore e gioisce quando lo amiamo, ma tutti noi sappiamo benissimo che non si può obbligare ad amare. Ci si deve sentire liberi di amare. Dio è capace di aspettare pazientemente la nostra libera decisione di amarlo, ed è perfino capace di aspettare che uno ritorni a lui anche se qualche volta gli ha voltato le spalle. L’intero universo, con tutti i suoi misteri e le sue grandezze e la sua bellezza, non può essere messo al pari dell’essere umano con la sua dignità di figlio amato dal Padre.
Dunque contempliamo noi stessi, contempliamo con sguardo semplice e profondo l’essere umano uscito dalle mani di Dio e cosa scopriamo? Dio stesso proclama una verità meravigliosa: “Non è bene che l’uomo sia solo!”. Ecco: non siamo fatti per essere soli, siamo fatti per essere in comunione gli uni con gli altri, siamo fatti per andare d’accordo, siamo fatti per stare insieme e collaborare, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ogni pretesa di autosufficienza, il pretendere di farcela da soli, credere di star bene da soli, sentire gli altri come invadenti, essere divisi gli uni dagli altri, essere gelosi di quello che abbiamo o essere invidiosi di quello che hanno gli altri: tutto questo va contro il nostro essere e provoca in noi un profondo senso di scontentezza e di ansia. Quando invece concentriamo i nostri sforzi per raggiungere l’unità, la comprensione, la collaborazione costruiamo la nostra felicità profonda, raggiungiamo la pienezza del nostro essere che ci rende simile a Dio. In una parola: l’amore! Siamo stati creati perché amati e siamo chiamati ad amare!
Ma c’è un altro aspetto del nostro essere sul quale dobbiamo posare il nostro sguardo semplice, puro e meravigliato: il fatto che Dio ci abbia creati come uomo e come donna. L’essere così è il segno di una chiamata speciale da parte di Dio, una chiamata espressa con le parole: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna”. Anche Gesù conosceva bene queste parole. Un giorno, viene provocato su questo tema, e allora le ripete tali e quali perché le conosce a memoria. Vuol dire che nella sinagoga o in altri luoghi le avrà sentite molte volte. Ma si permette di aggiungere una sua conferma della bontà e della bellezza di quelle parole: “Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Questa realtà è ciò che noi chiamiamo famiglia. Oggi siamo chiamati a contemplarla con cuore riconoscente, vogliamo lodare e ringraziare Dio per averci donato una famiglia e renderci conto che una famiglia unita nell’amore non è nient’altro che una particella dell’amore puro e infinito del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La famiglia è voluta da Dio e affonda le sue radici in Dio. Questo dono infinitamente grande porta in sé “quella benedizione che nulla poté cancellare, né il peccato originale né le acque del diluvio” come dice la benedizione agli sposi durante il rito del matrimonio. Questo dono può essere rovinato solo da quella “durezza di cuore” cui fa accenno Gesù nel Vangelo. Chiediamo a Gesù di proteggerci da questa durezza di cuore e chiediamogli di rendere il nostro cuore simile al suo: sempre pronto ad amare ed essere amato!
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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