In questa donna di Sicar, una cittadina della Samaria, vediamo tante cose che ce la fanno sentire vicina. La sentiamo una di noi, come noi, e noi assomigliamo un po’ a lei.
Lei non è andata al pozzo per incontrare Gesù e non è stata nemmeno chiamata né da lui né da nessun altro. E’ andata al pozzo perché aveva bisogno di acqua per la sua casa, come noi tutti per vivere in casa nostra abbiamo bisogno di acqua perché senz’acqua non si può vivere. Abbiamo bisogno di acqua per bere, per lavarci, per cucinare, per pulire. Certo, per noi è più facile perché l’acqua ce l’abbiamo in casa. Lei invece doveva andare al pozzo tutti i giorni. E questo costava tempo e fatica. Anche al giorno d’oggi chissà quante donne, in tante parti del mondo, devono fare questo per necessità e chissà quante bambine non vanno a scuola perché si dà per scontato che le bambine servono per andare a prendere l’acqua!
Questa donna si sente addosso i pregiudizi razziali ma anche lei li porta avanti. Per lei quel Gesù che siede vicino al pozzo è solo un Giudeo da cui si sente giudicata e anche lei, da parte sua, lo giudica uno straniero con il quale è meglio non aver niente a che fare.
Questa donna sa di avere dalla sua parte la ricchezza dell’esperienza: il pozzo è loro proprietà perché viene dal loro padre Giacobbe che l’ha lasciato in eredità (che strano! Giacobbe è anche il padre di tutti gli ebrei) e poi c’è l’esperienza quotidiana di chi viene a prendere acqua tutti i giorni e quindi conosce il pozzo, la sua profondità, la necessità di mezzi per attingere ecc.
Questa donna ci assomiglia anche perché, se desidera l’acqua speciale che le offre quel maestro straniero, è per evitare la fatica di venire a prendere acqua tutti i giorni. Insomma vuole un po’ di comodità che non fa male a nessuno.
Infine questa donna ha anche una sensibilità religiosa. Ci sta a parlare di Dio e della preghiera e ammette di essere un po’ confusa in mezzo a tante opinioni differenti. Cosa che succede anche al giorno d’oggi. E anche noi siamo un po’ così.
C’è anche una storia disordinata e possiamo supporre anche dolorosa, è la storia dei cinque mariti. Su questo punto ciascuno può sentirsi più o meno distante da lei o comunque può ripensare alla propria storia che avrà pure avuto i suoi momenti difficili e un po’ strani.
Ma tutto questo è stato detto per far capire che non c’è stato nulla in lei che facesse presagire ciò che sarebbe successo: un incontro, nello stesso tempo semplice e straordinario. Lei ha incontrato all’inizio un uomo stanco, seduto vicino al pozzo, all’apparenza uno straniero di cui diffidare, poi si è accorta che è un profeta, un uomo di Dio, poi lo accoglie come Messia che porterà un po’ di chiarezza e annuncerà ogni cosa e infine è chiamato con fede “salvatore del mondo!”
Come mai? Che cosa è successo? Forse è successo questo: che quella donna di Samaria, in modo semplice e naturale, ha manifestato a quel Giudeo vicino al pozzo, dopo aver parlato di acqua e di luoghi di preghiera, la sua attesa di qualcuno di importante: “So che deve venire il Messia: quando lui verrà ci annuncerà ogni cosa”. Allora Gesù può dire: “Sono io che parlo con te!”. Lei ha offerto a Gesù l’occasione buona per presentarsi e farsi accogliere. E Gesù gradisce la sua fede e la sua accoglienza e si ferma due giorni nel suo villaggio. A questo punto non c’è più posto per i peccati passati, per il disordine della vita passata. Non c’è neanche la chiamata in giudizio o l’invito a mettersi a posto e regolarizzare. Anzi, nelle sue parole: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto” non sembra che ci sia paura o vergogna o un po’ di rispetto per le sue cose private, c’è invece la gioia per aver trovato un uomo che senza giudicarla ha letto con bontà e comprensione tutto quello che c’era dentro di lei. Sembra proprio che aspettasse quell’incontro come una liberazione.
Possiamo sentirci simili in tante cose a quella donna e in altre cose ci sentiamo diversi ma un insegnamento chiaro lei ce lo può dare: lei ci insegna ad avere sete! Sete però di qualcosa di grande, o meglio di qualcuno di grande, qualcuno di buono, disposto a comprenderci, a conoscerci senza giudicarci, disposto a guarire le nostre ferite, a donarci il suo amore. Coltiviamo questa sete, a lungo, con costanza. Gesù la vede e poi decide lui quando e come venirci incontro e saziare la nostra sete.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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