PIANI RESINELLI – Nei favolosi anni ’70 costruire un bel condominio-grattacielo di tredici piani e piazzarlo proprio all’ingresso del Parco del Valentino deve essere sembrata un’idea geniale: la zona godeva di fama e un bel grattacielo avrebbe senza dubbio attirato ancora più turisti, un po’ come fa il miele con le api. Forse i brillanti progettisti dell’epoca si immaginavano che impreziosire lo skyline delle Grigne con una decisa colata di cemento avrebbe fatto sentire i milanesi più a casa.
Ancora oggi il capolavoro architettonico troneggia su tutta la valle, inconfondibile nel suo profilo squisitamente anni ’70: un’attrazione imperdibile per gli escursionisti che vanno ai Piani Resinelli con la speranza di immergersi un po’ nella natura e si imbattono invece in un ecomostro tipo il monolite di “2001 Odissea nello Spazio”.
Erano altri tempi, sembrerebbe il caso di dire: se non fosse per la originalissima impresa recente della Comunità Montana sul belvedere del Parco del Valentino. Qualcosa di grosso bolliva in pentola già da qualche mese, e si capiva che c’erano intenzioni serie e lungimiranti sul “rilancio turistico” della zona: ma nessuno poteva immaginare fino a che punto. E finalmente, eccola lì – proprio impossibile non vederla! – la “passerella panoramica”: una grossa, gigantesca pedana di ferro proprio in mezzo al paesaggio. Come quando sei lì che ascolti una bellissima canzone e il vicino all’improvviso inizia a trapanarti il muro di fianco: osservare il belvedere oggi è come guardare il Paradiso e beccarsi a un certo punto una martellata sugli occhi.
Altro che panorama: il luogo cult per lecchesi e non è stato sostituito da una specie di inquietante palafitta tipo “Il Gigante di Ferro”. Che poi, per carità, a Lecco il ferro ci piace. È un materiale solido, freddo, che fa il suo dovere, in pieno stile locale. Ma magari, visto che si parla tanto di turismo sostenibile, prestare un pizzico di attenzione alla questione ambientale e paesaggistica potrebbe essere un pensiero carino da tenere buono per il futuro. O è chiedere troppo?
L’aspetto positivo della faccenda è che, non appena la spettacolare attrazione sarà accessibile ai turisti, potremo persino salirci su con le nostre gambe e godere della vista “adrenalinica” sullo strapiombo. Una cosa tipo Gardaland, ma in un parco naturale. A 1.300 metri. Un approccio alla questione della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico che potremmo definire quantomeno “vintage”.
Se questa è la “visione” sullo sviluppo turistico della zona, è lecito sentirsi un tantino preoccupati?
Sofia Bolognini