Oggi vogliamo mettere al centro della nostra attenzione un uomo, un grande testimone di Cristo, e cioè l’apostolo Paolo. Noi siamo molto abituati a dire san Paolo e leggiamo ogni domenica un brano delle sue lettere. Eppure oggi, parlando di se stesso al suo amico e discepolo Timoteo, dice che prima di essere al servizio di Cristo è stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento, addirittura si definisce il primo dei peccatori.
Però ammette che agiva per ignoranza, lontano dalla fede. Era del gruppo zelante dei farisei, di quelli che esigevano l’osservanza perfetta della legge. Se vogliamo ricordare il Vangelo di domenica scorsa possiamo dire che era del gruppo di quelli che vedendo un malato guarito che portava a casa la sua barella in giorno di sabato non era proprio contento perché il sabato era giorno di riposo e certi lavori non dovevano essere fatti, né il guarire gli ammalati, che è il lavoro del medico, né il portare a casa una barella. Il riposo del sabato andava rispettato a tutti i costi.
Se qualcuno non lo rispettava andava punito perché minava alla radice la stabilità del popolo. Era presente alla uccisione di Stefano.
Non lanciava direttamente le pietre tuttavia custodiva i mantelli di quelli che lo stavano uccidendo e approvava dentro di sé quella esecuzione. Poi si diede a perseguitare direttamente i fedeli di Gesù chiamati cristiani finché un giorno Gesù stesso gli apparve e gli chiese: “Perché mi perseguiti?”. Passando attraverso l’esperienza della cecità, del silenzio e della preghiera arrivò alla comprensione della verità: la verità dell’amore di Dio che si è manifestato proprio mandando suo figlio in mezzo a noi: Gesù, proprio quel Gesù che lui voleva perseguitare ed eliminare perché era considerato la rovina del popolo. Ecco il perché di quelle parole molto forti: bestemmiatore, persecutore e violento.
Ma Gesù gli ha fatto grazia: è apparso proprio a lui, l’ha scelto come discepolo e non solo, anche come annunciatore della fede in Gesù ai popoli. Si è reso conto che, prima che Gesù gli parlasse, lui agiva senza sapere di fare del male, faceva tanto male ma credeva di fare bene ad agire così, credeva di difendere Dio e la sua Parola contro coloro che la attaccavano come questo Gesù di Nazareth e i suoi discepoli. Era completamente cieco per quanto riguarda l’amore infinito di Dio.
Ma Dio gli ha usato misericordia e dice con riconoscenza: rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo proprio me al suo servizio. Poco dopo parla della magnanimità di Gesù. Che cosa è? È la grandezza d’animo di Gesù, è il suo sguardo profondo che sa vedere cosa c’è veramente nel cuore di una persona, nel suo profondo. Gesù sapeva che nel cuore di Paolo c’era un forte desiderio di amore per Dio, per la sua parola, per il popolo che si era scelto. Ma era un amore paralizzato dalle passioni umane come la violenza, la prepotenza, la supremazia sugli altri, la paura di perdere la propria identità di popolo, qualcosa che ritorna in vita anche oggi con il nome di sovranismo. Ma Gesù non si ferma alla superficie e va nel profondo del cuore. In fondo Paolo agiva senza rendersene conto ma Gesù gli dona la piena consapevolezza dei suoi sbagli, gli dona la sapienza della verità. Paolo agiva da cieco, Gesù gli dona la luce.
Proprio scegliendo Paolo come amico e discepolo, Gesù dimostra di essere grande nel suo amore non tenendo conto dei peccati, né di Paolo né dei nostri. Infatti Paolo dice proprio così: “Cristo Gesù ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta quanta la sua magnanimità, perché io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna”.
Paolo sta parlando di noi che veniamo circa duemila anni dopo di lui: vedendo come Gesù ha avuto misericordia di uno come lui possiamo ben sperare che abbia misericordia anche di tutti noi.
Adesso possiamo dire che cominciamo a capire il Vangelo. Le folle, che dicevano che Gesù era uno degli antichi profeti che è risorto, avevano capito poco di Gesù. Anche Pietro, dicendo che Gesù era il Cristo di Dio, non sapeva bene che cosa stava dicendo. Non immaginava ancora che cosa volesse dire “essere il Cristo di Dio”. Oggi noi l’abbiamo imparato dall’apostolo Paolo quando dice: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori. E ci ha salvati così: passando attraverso il rifiuto e gli insulti del suo popolo, soffrendo e morendo da innocente sulla croce, risorgendo dal sepolcro, unendoci a sé con il dono del suo Spirito.
Spesso pregando chiediamo dei doni al Signore. Oggi pregando facciamo noi un regalo al Signore, dicendo: “Gesù, io riconosco di essere un peccatore salvato da Te. Se tu non fossi morto e risorto per me dove sarei oggi? Sarei nell’abisso del nulla e del male! Ma tu hai voluto mostrare in me la tua misericordia e io riconosco il tuo amore per me, ti lodo e ti ringrazio!”
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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