DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA DOMENICA PRECEDENTE IL MARTIRIO DEL BATTISTA

Oggi la Parola di Dio ci presenta un fatto su cui riflettere e pregare. In realtà si tratta di un massacro di una popolazione di circa mille persone. Noi facciamo memoria di quelle persone, uomini, donne e bambini, e viene da dire una frase ripetuta molte volte: “perché certe cose non succedano più!”. E invece queste cose succedono ancora! E allora comprendiamo che è utile, certamente, fare memoria di vittime innocenti ma poi rimane ancora molto lavoro da compiere ed è proprio il lavoro che ci viene indicato dalla Parola di Dio di oggi.

Il fatto.Nei cinque secoli prima della nascita di Cristo, Israele non esisteva più come stato. Ma era sempre il popolo di Dio che custodiva con amore la sua Parola: i libri della Legge di Mosè e gli scritti dei profeti. Aveva perso ogni importanza terrena ed era ridotto a provincia di vari imperi ma trovava la forza di esistere nell’ascolto della Parola di Dio e nella speranza di un futuro migliore che era nelle mani di Dio. Proprio Dio avrebbe mandato il suo Redentore e Liberatore. Questo liberatore verrà chiamato Messia, cioè Colui che è consacrato da Dio.

Circa 150 anni prima della nascita di Cristo il re siriano Antioco Epifane volle consolidare il suo potere e, per fare questo, usò uno stratagemma usato spesso dai dittatori e da chi guida le nazioni: tutti dovevano professare la medesima religione! Lui voleva “formare un solo popolo!”. La Bibbia dice che “tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re”. Invece Israele non volle adeguarsi perché voleva essere fedele all’alleanza con Dio nonostante tante infedeltà del passato. Iniziò così un periodo di persecuzioni e di guerre di liberazione. Oggi si narra il fatto di un gruppo di circa mille persone che per poter essere fedeli alla Parola di Dio e all’alleanza con Dio, per non farsi prendere fuggono nel deserto. Un fatto così chiaro non poteva restare nascosto e poi in queste cose, come in ogni guerra, ci sono sempre fatti tristi di tradimenti e di spie. Quegli uomini vengono raggiunti e assaliti proprio in giorno di sabato che per loro era giorno santo, di riposo assoluto. Per questo rinunciano anche a prendere le armi e a difendersi. Essi non risposero loro, né lanciarono pietre, né ostruirono i nascondigli, dichiarando:“Moriamo tutti nella nostra innocenza. Ci sono testimoni il cielo e la terra che ci fate morire ingiustamente”. Di queste persone che muoiono innocenti e che rinunciano a difendersi davanti alla prepotenza di un potere malvagio, si dice che erano “molti che ricercavano la giustizia e il diritto”. Ma proprio perché vedevano che attorno a loro si diffondeva sempre più l’ingiustizia, la prevaricazione e la violenza, fuggono nel deserto.

Le parole centrali per tutti noi sono proprio queste: dobbiamo essere persone che amano e promuovono la giustizia e il diritto. Per noi la giustizia non consiste nel cercare di essere tutti uguali: quello che c’è per uno ci deve essere per tutti e poi che tutti sono chiamati a fare le stesse cose. La giustizia che cerchiamo e che amiamo si riassume nelle parole “a ciascuno il suo”, perché tutti devono avere tutto ciò che è necessario e sufficiente per vivere bene e con dignità la propria vita e tutti devono essere liberi di professare la propria fede. Ogni volta che incontriamo una persona o una famiglia che non ha il necessario per vivere dignitosamente (che si tratti della casa, del riscaldamento, della luce, del lavoro, della salute, dell’educazione dei figli) dobbiamo prendere coscienza di essere davanti a una ingiustizia e Dio, che ama la giustizia, ci affida il compito di cercarla e promuoverla. Non è giusto il lamento: “Perché Dio permette certe cose?”. Occorre il risveglio della coscienza che ci fa dire: “Ora mi impegno a togliere questa ingiustizia, e se da solo non ce la faccio, cerco la collaborazione con gli altri”.

Come cristiani, ascoltatori della Parola di Dio, dobbiamo fare nostra anche la missione di pregare per il potere politico. Nel Vangelo il nome “Cesare” ricorda non solo l’imperatore di Roma che in quel tempo dominava la Palestina e che anche Gesù rispettava, come appare chiaramente nel Vangelo di oggi. Rappresenta tutte le persone che hanno l’incarico di governare una nazione, una regione, una comunità. La comunità cristiana si fa carico di loro perché adempiano la loro missione promuovendo la giustizia e il diritto e rispettando il modo personale con cui ciascuno si mette alla ricerca di Dio seguendo la sua voce nella coscienza e partecipando a qualche comunità.
In questo modo diventiamo strumenti nelle mani di Dio che vuole servirsi di noi per promuovere la giustizia e la pace. Come ci ha insegnato a pregare san Francesco: “Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dov’è odio che io porti l’amore, dov’è la discordia che io porti l’unione, dov’è l’errore che io porti la verità, dov’è l’ingiustizia che io
porti la giustizia e il diritto …”.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio


Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio

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