DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE: SETTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

“Quando tutta la gente ebbe finito di attraversare il Giordano …” Chi è tutta questa gente? Sono i figli di coloro che quarant’anni prima avevano attraversato il Mar Rosso per uscire dall’Egitto e camminare verso la terra promessa. Dio aveva promesso ad  Abramo che l’avrebbe data alla sua discendenza ed ora è giunto il tempo mantenere quella promessa. Quel passaggio del Mar Rosso era avvenuto quando Mosè era la guida del popolo di Israele.

Oggi vediamo che Giosuè è la nuova guida del popolo ed è lui che introduce il popolo nella terra promessa da Dio. Per quella gente che veniva dal suo girovagare nel deserto anche l’attraversamento di un fiume come il Giordano, che in verità non è molto grande, poteva costituire un serio problema. E anche questo attraversamento è avvenuto grazie a un intervento straordinario di Dio che aiuta e salva il suo popolo. La forza di Dio si manifesta soprattutto nel dominare la forza straordinaria dell’acqua. Lo si sente dire anche al giorno d’oggi che il fuoco lo si può spegnere ma l’acqua non la ferma nessuno. Quando arriva improvvisa, abbondante e potente travolge tutto e porta distruzione e morte. Ma con il popolo di Israele, che aveva molto bisogno di essere educato e plasmato, Dio manifesta il suo amore e la sua volontà di salvezza proprio dominando la forza dell’acqua, che si tratti dell’acqua del mare o di un fiume. Il popolo ha fatto questa esperienza di salvezza, ha percepito che senza l’aiuto di Dio non sarebbe riuscito ad attraversare né il mare né il fiume Giordano. E questa esperienza è stata tramandata con alcuni versi poetici:

“Le acque del Giordano si divisero dinanzi all’arca dell’alleanza del Signore.

Quando essa attraversò il Giordano, le acque del Giordano si divisero”.

Quando un popolo o una famiglia o una persona hanno affrontato un grave pericolo, un momento difficilissimo, un periodo di buio e di grande paura, e poi tutto passa e ci si sente fuori pericolo e dunque salvati, quel periodo o quel giorno rimane impresso nella memoria e passando gli anni ci si ricorda e lo si racconta anche ad altri. Ci si rende conto che si poteva addirittura morire e invece si scopre  che siamo ancora vivi. Allora è bene essere riconoscenti e felici semplicemente perché si è vivi. Noi abbiamo i calendari e segniamo le ricorrenze e gli anniversari importanti. Al tempo di Giosuè queste cose non erano ancora maturate e perfezionate. Allora hanno preso dodici pietre e le hanno erette a modo di monumento: tutti quelli che sarebbero passati di lì si sarebbero chiesti: perché queste pietre sono qui e sono disposte in questo modo? E la risposta è: “Perché un giorno abbiamo attraversato questo fiume con grande pericolo per la nostra vita ma il Signore ci ha salvati e queste pietre vengono proprio di mezzo al fiume. E se tu, figlio mio, ci sei è perché il Signore ha salvato me che sono tuo padre!”.  A queste pietre hanno dato il nome di memoriale per gli Israeliti, per sempre.

Questa è la storia del passato che ha un significato per noi oggi. Oggi il nostro mare o fiume da attraversare è la vita stessa e i pericoli li conosciamo bene. Il grande insegnamento della storia di Giosuè è che da questi pericoli che insidiano la nostra vita non ci salviamo da soli. Chi vuole essere o si crede autosufficiente prima o poi soccomberà sotto il peso della vita. E’ Dio la nostra guida e il nostro salvatore, come ai tempi di Mosè e di Giosuè. Ma la meta del nostro viaggio non è un pezzo di terra in senso geografico, ma è la vita eterna: questa è la vera salvezza!

E per sperimentare che cosa è questa salvezza Gesù nel vangelo ci invita a non sottostare alla curiosità dei numeri come quel tale che chiede: “Sono tanti o pochi quelli che si salvano?”. Cosa importa saperlo? Gesù dà a tutti una risposta misteriosa: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta!”. Se passare per la porta stretta mi porta ad essere salvo vorrei veramente sapere che cosa è questa porta stretta e dove si trova. Cominciamo col dire che cosa è la porta larga: è quella di chi crede di accampare davanti a Dio, nostro padre e nostro  salvatore, alcuni diritti di precedenza perché “abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Con Dio non valgono diritti di precedenza o meriti che ci avvantaggiano rispetto ad altri.

Con Dio vale solo la disponibilità dei figli a compiere prontamente e volentieri la sua volontà. Questa è la porta attraverso cui dobbiamo passare: è la porta del dovere quotidiano, è la porta dell’accettazione delle persone con cui viviamo e che spesso comporta sopportazione e pazienza, è la porta dell’accettazione dei vari avvenimenti che si succedono nella nostra vita e che a volte sono piacevoli altre volte difficili e dolorosi, è la porta della fedeltà fino alla fine alle promesse che abbiamo fatto nella vita, è la porta di accettare con umiltà i nostri insuccessi e il nostri limiti, è la porta dell’ascolto della voce della nostra coscienza nella quale Dio stesso ci parla. A volte questa porta ci va molto stretta. Ma è solo attraverso questa porta che arriveremo a sederci a mensa nel regno di Dio e saremo insieme a tantissime altre persone che verranno da ogni parte del mondo e che non hanno mai conosciuto Dio ma hanno avuto la forza e il coraggio di passare per questa porta stretta.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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