DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA QUINTA DOMENICA DI PASQUA

Ecco, siamo arrivati! Dove? E da dove siamo partiti? E che viaggio è questo di cui stiamo parlando?

È il viaggio della fede. Si parte dall’attesa di una salvezza perché si percepisce che la nostra vita è fragile e ci sono molti pericoli di perderla. Che senso ha poi se si vive per un po’ e poi tutto finisce quando si muore? Allora si aspetta un Salvatore e ci viene annunciato che è Gesù di Nazareth. Questo Gesù a poco a poco ci interessa, ci piace quando fa del bene a tante gente che ha bisogno, sentiamo le sue parole esigenti che chiamano a cambiare vita, a pentirci dei nostri peccati, a guardare in alto, verso Dio, il Padre. Ce ne parla sempre, ci dice che è stato Lui a mandarlo tra noi, ci dice che prima di nascere era eternamente con Lui e questo “essere con Lui” è pure la meta della nostra vita. Quindi non è vero che tutto finisce! Ma lungo questo viaggio qualcuno si stanca, si ferma e non se la sente di continuare. Qualcuno prende la scusa che il linguaggio di Gesù è troppo duro ed esigente! Ma la realtà è un’altra. In realtà Gesù punta ad instaurare con ciascuno di noi una relazione viva e forte, come ha fatto con i suoi primi discepoli. Alla fine li ha chiamati “amici” perché ha aperto a loro il suo proprio cuore e ha detto a loro tutto quello che aveva da dire, non ha tenuto per sé nessun segreto.

Questo è il punto di arrivo del nostro viaggio: una amicizia vera, profonda, totale, sincera con Gesù. E’ il momento dell’intimità, dell’unione, della condivisione di tutto ciò che si è e si ha. Due amici veri si aiutano in tutto e per tutto, non hanno più segreti l’uno per l’altro e soprattutto godono immensamente quando stanno insieme.

Nel caso degli apostoli questo momento si è attuato nell’ultima cena di Gesù con loro. Lui stesso ha detto: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi!” E l’evangelista Giovanni racconta che Gesù “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Di questo amore totale ha voluto dare un esempio simbolico: ha lavato a loro i piedi. Ma questo era un invito a volersi bene tra di loro ed era una spiegazione di ciò che sarebbe successo dopo poche ore: la sua morte sulla croce non sarebbe stata la sua sconfitta davanti ai nemici ma la sua donazione d’amore agli apostoli e a noi.

È in questo contesto di intimità di amore che Gesù dice parole veramente particolari. In che senso particolari? Nel senso che se uno apre il cuore all’amore per Gesù e per i fratelli queste parole gli sembrano belle e facili. Se un altro non è disposto ad amare queste parole gli sembrano inutili e astratte. Domenica scorsa Gesù si è presentato a noi come un pastore buono che dà la vita a noi che siamo le sue pecore: non ci sfrutta, non ci vende, non ci trascura e non ci abbandona nel momento del pericolo. Anzi ci dice di essere disposto a morire lui per noi. Questa è la sua dichiarazione d’amore.

Oggi è come se rispondesse a una nostra domanda: cosa devo fare, Signore? Ho capito che mi ami, e adesso cosa faccio? Se poi guardo il mio carattere, la mia storia, i miei sbagli, i miei tentennamenti, i miei fallimenti e tutto il resto, come posso pensare di amarti? Queste cose le lascio agli apostoli del passato o ai santi di oggi ma non sono certo per me! E invece no! Gesù ci dice: “Io desidero il tuo amore! Sì, proprio il tuo. Dimentichiamo il passato, dimentichiamo tutto: te la indico io la strada per amarmi: accogli nel tuo cuore le mie parole, e custodiscile come un tesoro. Se le custodisci bene queste parole germoglieranno e daranno frutti. Se custodisci bene le mie parole, il tuo cuore diventa una casa dove io verrò ad abitare, dentro di te. Ma non solo: anche il mio Padre, viene ad abitare in te! Quando e come, ci penseremo noi. Tu preoccupati solo di accogliere, custodire e mettere in pratica la mia Parola!”

Nelle scorse domeniche abbiamo parlato qualche volta di fede matura, oppure del discepolo maturo nella fede. Oggi la parola del Vangelo ci ha mostrato chi è questo discepolo maturo: non è quello perfetto che non sbaglia più e sa fare cose straordinarie ma è colui o colei che docilmente si mette davanti a Gesù in atteggiamento di ascolto animato da una forte amicizia e confidenza che ormai lo lega a Lui. Quando si è arrivati a questa amicizia cadono tutte le paure, le angosce, i peccati, i dubbi su Dio, sulla sua esistenza e sul suo modo a volte strano di comportarsi nei nostri confronti. Poi la vita continua come sempre e comprende anche le cadute, come quella di Pietro che in quella stessa notte prima dice a Gesù di essere pronto a dare la sua vita per Lui, e dopo qualche ora dice addirittura di non conoscerlo. Povero Pietro e poveri noi! Ma l’amicizia profonda con Gesù passa sopra anche a queste cose.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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