BALLABIO – È comparso sul sito ufficiale del Comune di Ballabio l’estremo tentativo da parte della sindaca Alessandra Consonni di giustificare lo scivolone di mettere sullo stesso piano lager nazisti, gulag russi e foibe in occasione dell’inaugurazione della stele dedicata a Pino Galbani.
La sindaca pro-tempore del paese “trova l’appoggio” sul Corriere della Sera di Giangiacomo Schiavi, editorialista della testata di cui è stato anche vicedirettore che risponde a un lettore, Alberto Falco, sulla polemica innescata dalla sinistra e dall’Anpi contro la scelta di Consonni di ricordare insieme gli orrori dei campi di sterminio nazisti e appunto anche di gulag e foibe nella lapide dedicata a Pino Galbani. La sindaca tenta di giustificare quello che, alla maggioranza dei ballabiesi, è apparso quanto meno inopportuno come la stessa scritta apposta sulla lapide del deportato.
Primo Levi propone un dettagliato confronto tra i lager nazisti e i gulag sovietici, sottolineando le innegabili differenze tra i due sistemi, differenze che oggi vengono negate da molti con lo scopo di equiparare la crudeltà del nazismo a quella del comunismo sovietico, promuovendo una sorta di cancellazione “storica” delle diversità e delle peculiarità. Affrontando il paragone con i lager russi, Levi scrive: “I lager tedeschi costituiscono qualcosa di unico nella pur sanguinosa storia dell’umanità: all’antico scopo di eliminare o di terrificare gli avversari politici, affiancavano uno scopo moderno e mostruoso, quello di cancellare dal mondo interi popoli e culture”. E ancora: “L’empio sfruttamento dei cadaveri, e delle loro ceneri, resta appannaggio unico della Germania hitleriana, e a tutt’oggi, a dispetto di chi vuole sfumarne i contorni, ne costituisce l’emblema”.
È bene sottolineare che Levi non vuole assolutamente negare la crudeltà dei gulag sovietici, che egli stesso descrive come degli “inferni”, tuttavia non può, proprio per fedeltà alla verità storica, considerare i due sistemi uguali o simili. Proprio in relazione all’opera di Solzenicyn, Arcipelago Gulag del 1973, egli scrisse: “Neppure dalle pagine di Solzenicyn, frementi di ben giustificato furore, trapela niente di simile a Treblinka ed a Chelmno, che non fornivano lavoro, che non erano campi di concentramento, ma ‘buchi neri’ destinati a uomini, donne e bambini colpevoli solo di essere ebrei, in cui si scendeva dai treni solo per entrare nelle camere a gas e da cui nessuno è uscito vivo.” E ancora: “Le crudeltà dei lager nazisti non erano una imitazione ‘asiatica’ o russa, come taluni storici sostenevano, erano europee in quanto il gas veniva prodotto da illustri fabbriche tedesche; né dovrebbe dimenticare che nella Germania nazista, e solo in quella, sono stati condotti ad una morte atroce anche i bambini e i moribondi, in nome di un radicalismo astratto e feroce che non ha uguali nei tempi moderni. Se la Germania d’oggi tiene il posto che le spetta fra le nazioni europee, non può e non deve sbiancare il suo passato”.
Ora, si può essere o non essere d’accordo con Primo Levi (ad esempio lo scrittore e saggista polacco Gustav Herling, pur ammirandolo molto prese le distanze dalle posizioni dell’autore italiano, sicuramente anche a causa della sua detenzione in un campo sovietico, affermando che lager e gulag sono la stessa cosa), ma è indubitabile che esista una differenza storica tra l’uccidere per la razza e l’imprigionamento per posizioni politiche. Ma quello che caratterizza il Lager è di considerare nemiche genti intere, e di distruggerle.
In altre parole – senza voler dare giustificazione alcuna all’orrore prodotto nei lager nazisti o nei gulag sovietici, come pure a quello dei terribili campi di deportazione inglesi delle guerre boere di inizio secolo o dei campi di concentramento libici di Mussolini e Graziani del ’30-’31 e nei Balcani in vista del conflitto mondiale – uccidere “per la razza” ha significato dividere l’umanità arbitrariamente in eletti e condannati, senza concedere loro scampo né processo. Ebrei, omosessuali, popolazioni indesiderate o di nazionalità avversarie non potevano fingere diversamente, mentre molti in Unione Sovietica potevano sfuggire ai gulag, magari dichiarandosi simpatizzanti delle posizioni comuniste. Crimini inoltre dei quali si è macchiato anche il nostro Paese, con italiani che rastrellavano, rinchiudevano e spedivano in Germania altri italiani, e per questo non necessari di alcuna edulcorazione o parallelismo.
*Utilizzate varie fonti