L’evangelista Matteo ci ha narrato un fatto in un modo molto scarno: Gesù, ancora solo e sconosciuto alle folle, lascia il suo villaggio di Nazareth e si avvicina al fiume Giordano dove Giovanni, che era suo coetaneo e parente ma non si erano mai visti prima, invitava la gente a riconoscere i propri peccati e a cambiare vita. Giovanni, ispirato da Dio, lo riconosce e sa che lui non ha commesso peccati, per questo non sa cosa fare. Anzi, nella sua umiltà e nel suo realismo, sa di essere un semplice uomo con tutte le sue fragilità e riconosce che davanti a Dio ha bisogno pure lui di essere salvato dal male. Per questo si rifiuta di battezzare Gesù e chiede a Gesù di salvarlo e purificarlo: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te!”. Ma Gesù usa un linguaggio un po’ strano per noi: adempiamo ogni giustizia! Con queste parole Gesù fa capire che quello è un momento solenne che il Padre ha preparato da sempre, è un momento molto simile alla sua nascita, quando è venuto alla luce di questo mondo nella semplicità di una stalla di Betlemme. E’ il momento in cui lo Spirito Santo di Dio discende su Gesù, lo avvolge, lo consacra, lo inonda completamente. Lo Spirito Santo è il puro amore che unisce il Padre e il Figlio. Giovanni ha visto un segno dall’alto che è e rimarrà sempre un suo segreto: anche se il vangelo dice “come una colomba”, a noi è facile immaginare una colomba bianca che ci richiama alla mitezza, al biancore della purezza, alla pace, ma non ci è dato di cogliere tutta l’intensità del segno che è stato riservato a Giovanni.
Questa scena non ha nulla di teatrale e non avviene su un palcoscenico. Le persone presenti, non sappiamo se tante o poche, non sono semplici spettatori che guardano ma sono coinvolte direttamente da una voce dall’alto: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”. Queste parole così belle e intense si fanno capire da sole: è Dio che parla e che annuncia di avere un figlio, suo figlio da sempre ma che l’umanità non conosceva. Perfino il popolo d’Israele non aveva piena coscienza di questo anche se nei Profeti e nei Salmi si parla di uno che è figlio di Dio dall’eternità. Anche oggi abbiamo letto un breve brano del profeta Isaia che dice: “Accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore tuo Dio, del Santo d’Israele che ti onora.” Di chi sta parlando? Chi è questa persona onorata da Dio stesso a cui accorrono tutte le nazioni? E così ci sono tanti altri passi dei profeti che parlavano di questo figlio, ma spesso la mente di chi leggeva era chiusa e ottenebrata. Non voleva accettare che Dio potesse avere un figlio per paura di dire che c’erano due dei, mentre Dio è uno solo.
Si può dire che qui comincia un nuovo capitolo della storia universale: l’umanità intera si divide tra chi accetta questo annuncio che Dio è Padre di questo Gesù e che vuole che noi tutti siamo suoi fratelli e sorelle e chi non accetta questa rivelazione bellissima e straordinaria che Dio è comunione d’amore. Chi non ha accettato questo non si è limitato a rimanere lontano o indifferente ma spesso ha combattuto e perseguitato coloro che professano questa fede. Il vero motivo della condanna alla morte di croce di Gesù è proprio questo: essersi proclamato Figlio di Dio, ma agli orecchi di molti questo suonava come una bestemmia! Ecco allora quello che dice l’apostolo Paolo che scrive agli abitanti di Efeso, una tra le più grandi città dell’antichità, sembra la più grande dopo Roma: alcuni di questi pagani, lontani da Dio, credendo in Gesù, sono diventati vicini. “Gesù è venuto ad annunciare pace e voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”.
Così, anche noi che abbiamo ascoltato la parola del Padre che ci presenta Gesù come suo Figlio, non siamo semplici spettatori di una scena che finisce come una qualsiasi opera teatrale, ma siamo attori direttamente coinvolti in quello che sta succedendo: il Padre ci presenta questo Figlio che lui ama all’infinito e noi dobbiamo sentirci inondati di gioia e meraviglia di fronte al Dio lontano e infinito che si fa così vicino e a portata di mano di tutti perché sentiamo che ci chiama a far parte della sua famiglia, proprio Lui, il Dio che tutti pensavano adirato con l’umanità, l’onnipotente che spesso fa paura, il giudice pronto a punire chi sbaglia. Proprio Lui si avvicina, si china su di noi e ci fa sentire fratelli e sorelle di Gesù suo Figlio!
Libro del Profeta Isaia 55,4-7 Così dice il Signore Dio: “Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore tuo Dio, del Santo d’Israele che ti onora”.
Lettera agli Efesini 2,13-22 Fratelli, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace.
Vangelo secondo Matteo 3,13-17 Il Signore Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni , per farsi battezzare da lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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