Una tappa importante della storia dei nostri padri è certamente Salomone, figlio ed erede al trono di Davide. Lo si ricorda per avere legato il suo nome alla costruzione di un meraviglioso tempio a Gerusalemme. Ma ora non vogliamo ricordare tutte le sue opere e anche i suoi sbagli. Vogliamo cogliere un momento della sua giovinezza.
Lo abbiamo sentito nella prima lettura quando dice di sé: “Ebbene, io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi”. E’ bello vedere un giovane re così umile, desideroso di imparare a governare. Dio appare in sogno a Salomone e gli dice: “Chiedi ciò che vuoi che io ti conceda”. E Salomone avrebbe potuto chiedere tutto quello che voleva: ricchezza, sicurezza, potenza, lunga vita, assenza di malattie, fama universale, una grande famiglia e una lunga discendenza e tante altre cose. Dopo aver considerato la sua giovinezza e la sua inesperienza dice: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male”. Dio si compiace di questo giovane e gli concede un cuore saggio e intelligente e a questo aggiunge tante altre cose, in abbondanza. Questo dialogo tra Dio e Salomone ci interessa, il resto lo tralasciamo.
Se Dio dovesse apparire a ciascuno di noi con la stessa richiesta fatta a Salomone, cosa gli chiederemmo? Forse la soluzione di alcuni problemi di tipo economico o relazionale, forse una vita più facile di quella che abbiamo, o toglierci qualche preoccupazione o darci qualcosa che abbiamo sempre desiderato o una semplice guarigione da una malattia. Probabilmente Dio ci risponderebbe: “Perché ti accontenti di così poco? Io avrei voluto darti molto molto di più!”. Però potrebbe anche dirci: “Non vedi quello che ti ho già dato e ancora ti sto donando? Perché non te ne accorgi?”. Pensare queste cose potrebbe essere un esercizio spirituale molto utile.
Ma poi dobbiamo arrivare al punto centrale che è questo: la docilità del cuore, cercare la giustizia, saper distinguere il bene dal male. Una persona così è una persona sapiente, per usare il linguaggio della Bibbia che però vale anche oggi. Dobbiamo essere tutti sapienti e sia ben chiaro che questo non dipende dal grado di studio o dal numero di lauree. Uno può avere studiato tanto e non capire niente della vita. Uno può avere studiato poco ma addirittura essere analfabeta perché non è mai andato a scuola e capire le cose essenziali della vita che riguardano l’amore, l’onestà, il lavoro, la famiglia, Dio.
Parole semplici che esprimono quello che ha detto san Paolo quando parla di due tipi di sapienza: quella del mondo e quella di Dio. La sapienza secondo Dio è quella che ha chiesto Salomone e dovremmo desiderare tutti noi: un cuore docile e fedele che ci porta a compiere il progetto che Dio ha su di noi, il promuovere la giustizia nella convivenza umana, il saper distinguere il bene dal male per potere poi, con l’aiuto di Dio e degli altri, cercare di fare sempre il bene ed evitare sempre il male. Questa è la vera sapienza. L’altra sapienza fondata sulla quantità di nozioni che si sanno, sui libri, sulla scienza, sulla fama, sulla potenza, sulla ricchezza, e che non ha timore di servirsi della violenza e dell’inganno è la sapienza detta “del mondo”, che non va d’accordo con la prima.
Nel Vangelo di oggi Gesù ci dà un esempio di come essere sapienti nell’uso delle ricchezze. Non dice che sono cattive, sono però rischiose. Quando le ricchezze sono abbondanti si corre il rischio di dimenticare la sapienza. Però con l’aiuto di Dio si può anche essere sia ricchi che sapienti. Sono tanti i santi che ce ne danno l’esempio o perché hanno rinunciato alle loro ricchezze o perché le hanno usate bene cercando la giustizia e aiutando i poveri.
Con coraggio e con fede chiediamo a Dio, pregando, il dono di un cuore docile pronto a fare la sua volontà, la capacità di promuovere la giustizia tra di noi e la capacità di saper distinguere il bene dal male. Dobbiamo e possiamo essere tutti persone sapienti.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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