Leggendo questo brano di Vangelo si nota subito che c’è un animale che copre il ruolo del protagonista: è l’asino, anzi un puledro, un giovane asino “sul quale non è mai salito nessuno” (v. 30). E il Signore lo vuole con decisione, dice di averne proprio bisogno! Nel Vangelo di san Marco si dice anche che lo rimanderà qui subito. Se non sapessimo che si tratta proprio di Gesù che ha sempre un motivo profondo per agire, diremmo che questo è un capriccio. Ma Gesù vede lontano e di quell’asino non può proprio farne a meno. E il motivo è ancora il compimento delle Scritture. Un profeta antico, Zaccaria, parla appunto di un re che entra in Gerusalemme “cavalcando un asino, un puledro figlio d’asina” (Zaccaria 9,9) ed è un re “giusto, vittorioso e umile”.
Ai poveri, oppressi, emarginati e diseredati viene dato un annuncio: questo è il vostro re, questo è colui che vi guiderà. La vostra vita d’ora in poi sarà nelle sue mani: è una persona forte e mite nello stesso tempo, ed è anche umile e semplice, non arrogante. Per questo i poveri esultano e cantano: cantano la fine dell’oppressione e della violenza, cantano il cambiamento della vita, cantano la vittoria della giustizia, cantano l’inizio di un’epoca nuova in cui è bello essere governati da un re giusto, potente e buono! Con la sua decisione di volere al suo servizio un giovane asino, Gesù vuol dire alla gente del suo tempo e a noi: “Sono io quel re di cui parla il profeta Zaccaria!” Ed ecco che i discepoli e la gente, tutti pieni di gioia, cantano: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore!”. Ed ora guardiamoci attorno: vediamo forse attorno a noi gente inondata di gioia? Gente che trasmette la gioia di vivere? Quando la fatica del vivere è pesante, quando viene meno l’armonia tra le persone nelle famiglie e nelle comunità, quando l’ingiustizia la fa da padrona e quando non c’è speranza di un futuro migliore, allora è normale essere tristi e scoraggiati. Questo per i più deboli. I più forti e decisi ricorrono alla protesta e spesso alla violenza. Ma se sono anche i cristiani a fare questo vuol dire che anche loro non riconoscono più in Gesù quel re buono, giusto e potente che dà speranza.
Si stanno diffondendo anche in questi giorni i risultati di indagini statistiche che studiano anche la tristezza e lo scoraggiamento della gente. Oggi noi dobbiamo interrogarci sulla gioia ma non quella esuberante e chiassosa del divertimento! Intendiamo dire la gioia profonda che viene dal fatto di avere un re potente e buono che guida la nostra vita. Se non sentiamo questa gioia vuol dire che Gesù è passato in mezzo a noi ma non lo abbiamo riconosciuto. Magari abbiamo ascoltato lezioni catechistiche, abbiamo ricevuto un po’ in fretta alcuni sacramenti, compiamo alcuni gesti rituali come preghiere e messe, ma l’incontro reale con questo re buono e umile non c’è stato. Chi incontra davvero Gesù non può non essere contento e cantare: “Benedetto colui che viene!”.
Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio
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–> avvisi 9 dicembre 2018