ROMA – Si chiama SicveTutor e in questi ultimi giorni ha fatto molto parlare di sé: è alla base dello scandalo dei sistemi di rilevazione della velocità media sulle autostrade italiane.
Questo dispositivo, installato a partire dal 2005 sulle strade a scorrimento veloce del nostro Paese, sarebbe infatti una copia dell’originale, ideato dal fiorentino Romolo Donnini alla fine degli anni ’90 e costruito dalla sua ditta Craft. Dopo anni di battaglie legali, la Corte d’appello di Roma, si è espressa: i dispositivi installati da Autostrade per l’Italia sono delle copie che vanno contro il brevetto dell’invenzione e sono pertanto da rimuovere e distruggere.
Ma la società che gestisce le autostrade italiane non li rimuoverà finché non ne saranno installati di nuovi. Nel lasso di tempo necessario per la sostituzione degli apparecchi – la stima è di circa tre settimane – la Spa pagherà un’ammenda di 500 euro al giorno alla Craft di Donnini. Quindi il rischio di essere multati rimane anche per le prossime tre settimane, del resto ne va della sicurezza degli automobilisti, che hanno pagato di tasca propria l’onerosa installazione di questi evoluti autovelox.
Infatti, Autostrade per l’Italia può finanziare progetti per la sicurezza con il ricavato dei pedaggi. E con l’aumento progressivo di questi ha coperto oltre 3mila chilometri d’asfalto, controllati da circa 300 telecamere. I primi tutor furono installati nel 2005 sull’A4, nel tratto compreso fra Bergamo e Verona e a un anno di distanza si era rilevato un calo del 70% degli incidenti; il merito – sia chiaro – non è unicamente dell’ingegnoso rilevatore di velocità media, ma anche della nuova patente a punti, entrata in vigore nel 2003.
Certo queste due introduzioni, cui si aggiungono i sempre più efficaci sistemi di sicurezza – come, per citarne uno, la frenata automatica d’emergenza -sui più recenti modelli di auto hanno contribuito all’aumento della sicurezza sulle strade, che non è mai troppa.
Alessandro Tonini