Giovanni l’evangelista ci tiene proprio a sottolineare che quello di Cana sia l’inizio dei “segni”. L’archetipo delle manifestazioni della potenza divina poste per la fede. Segno allora di particolare rilievo, da accogliere con privilegiata attenzione. È vero che la lettura del Vangelo attiva l’interesse immediato per la narrazione che è per episodi, ma i Vangeli non sono solamente narrazione e storia. La scelta delle vicende non rispondono ad una logica d’aneddoto, ma propriamente di annuncio e di rivelazione.
Passando alla pagina di questa domenica (benché si sia ormai nel tempo liturgico “per annum”) dobbiamo rilevare le scia epifanica, di manifestazioni che queste domeniche ci conservano. Questa è certo una “epifania” che trova la propria forza, non nella parola del Padre – come nel battesimo della scorsa settimana – ma nello stesso gesto di Gesù: la trasformazione di tanta acqua nella gioia pura del vino. Le quantità spropositate accuratamente annotate sono annuncio di un banchetto di nozze di una vastità impensata. Gesù, tanto defilato, da non essere neppure notato da chi organizzava l’evento, pare lui muovere i giuochi perché l’intento dell’evangelista è a svelare il senso vero del Signore: è lui lo sposo che fa invito al banchetto, proprio come ha attestato Giovanni che dice di sé d’esser “l’amico dello sposo”.
Il senso di questa pericope evangelica non è allora narrativa, non vuole riferirci d’una tappa del cammino storico, esistenziale di Gesù a Cana, piuttosto e propriamente ci dice di chi sia il Signore Gesù. Apre senso ben oltre quel tempo specifico che descrive: arriva a noi. Perché di Gesù non possiamo pensare sia semplicemente lo sposo che abita quel tempo lontano, ma colui che ancora invita alle nozze folle d’invitati, e siamo anche noi tra questi. La pagina che è per noi sull’inizio del Vangelo è rivelazione di quanto valica il tempo e ci invita all’abbraccio eterno di Dio.
Don Gianbattista Milani
Parroco di Ballabio
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