La figura severa di Giovanni il Battista si incontra tanto spesso nei Vangeli e pure la troviamo nella liturgia propria dell’Avvento. Tempo nel quale il nostro animo si volge intensamente al Signore Gesù nel mistero del suo venire tra noi: uomo come noi e in quello del suo ritorno glorioso. Giovanni gli batte la strada e ce l’addita. Non tanto con la sua incisiva ed essenziale predicazione, prima ancora, con l’austerità della persona. Luca, da sempre, ce l’ha mostrato frequentatore de’ deserti (vedi l’ultimo versicolo del suo primo capitolo). Il deserto è luogo di silenzio, rotto sol dalla foga de’ venti che, spesso col tuono sua voce, son segno e presenza di Dio.
Giovanni abita deserti e li anima di folle anelanti il perdono. Ci indica di raddrizzar strade per la venuta ed il cammino verso il Signore. È duro coi veleni della falsa religione: “Razza di vipere!” A chi mostri pietà e contrizione venendo al battesimo di penitenza, ma non le serbi in cuore. Ci esorta così a considerare i nostri gesti di pietà: non siano d’abitudine o convenienza, ma animino il vero orientamento del cuore. La figura e la voce di Giovanni vogliono volger19ci al Signore Gesù foggiandoci attorno il clima che è proprio dell’Avvento.
La fatica del raddrizzare il nostro spirito perché sia strada di Dio riesca a farci assaporare la ruvida bellezza del deserto. Il suo clima aspro capace di spronare, il fascino essenziale invito al sostanziale, gli orizzonti vasti e solitari che concentrano in se stessi e richiamano al dialogo, al rapporto – se possibile immediato – con Dio. Il nostro è tutt’altro che deserto materiale, affollata com’è la nostra vita di cose, incombenze, incontri e persone: eppure abbiamo bisogno che proprio tra queste passi il Signore.
Abbiamo bisogno che suoni, stridii, rumori non assordino la vita perché ne riusciamo a trovare senso: Giovanni ce lo indica invitandoci al deserto intimo che trovi il Signore: darà senso al nostro affanno.
Don Gianbattista Milani
Parroco di Ballabio
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