Pare che nell’immaginario corrente, le “beatitudini” richiamino alla mente un ritmo dolce, quasi lirico, che probabilmente si lascia prendere dalla cadenza ripetitiva e dal ritornante “beati” più che dall’incisività della comunicazione. Anche san Luca coglie dal labbro di Gesù quattro beatitudini che trovano un immediato controcanto nei quattro “guai” seguenti. È interessante provare a leggere dietro, immergendosi nell’attesa della gente e nella forte, ma rassicurante parola di Gesù. Le beatitudini sono richiamo e risposta all’ansia intima dei semplici e più in profondo all’attesa messianica della gente che si sta attuando proprio nel Signore Gesù, nella sua presenza consolante ed insieme di giudizio severo sulle sicurezze e prevaricazioni materiali e terrene.
Le beatitudini aprono ad uno sguardo profetico sull’era messianica dove i poveri son re, la fame è saziata, il pianto è mutato in allegria e la testimonianza del Figlio dell’Uomo è ricompensa grande. È nel Signore Gesù che muta la realtà; diremmo con san Paolo che “il tempo s’è fatto breve” (Cfr.:1Cor 7,29-31) anzi il battere materiale del tempo è già superato in una visione dell’escaton, del definitivo. Gesù è venuto e con la sua morte e risurrezione ha dato senso definitivo al tempo, alla storia: ci ha introdotto nel rapporto di pace che ha – in certo modo – riprodotto l’originaria relazione tra uomo e Dio della creazione.
Quel tempo, che viviamo come realtà storica degli accadimenti della nostra esistenza, della storia che ogni giorno percorriamo, nel Signore Gesù hanno altra e più profonda realtà di quella evidente ai nostri occhi, è quella delle beatitudini, è quella presente e vera nella vita terrena, non per l’evidenza materiale ai sensi, ma piuttosto perché certezza di una partecipazione, già nella storia presente, a quanto è invece definitivo e perenne: l’escaton, il definitivo come bene, della vita con Dio in Gesù.
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