Emmaus è un cammino che ci fa sempre pensare. Per noi oggi credo sia utile leggerlo non nel passato, ma attualizzandolo a noi perché, anche noi, tanto quanto Cleopa e Simone, siam facilmente disposti a guardare il presente dalle nostre angustie piuttosto che spalancare gli occhi interiori a vedere quello che davvero più conta e ci farebbe la vita beata (l’aggettivo è di Gesù sull’inizio del discorso sul monte).
Quei due tenevano ben impressa la fisionomia di Gesù, ma gli eventi tragici di quei giorni l’avevan tolta dal cuore per lasciarvi solo tristezza, tanto che gli occhi non servivano più. Sappiamo tutti bene che il cuore vede meglio degli occhi, lo costatavano, anzi, anche loro, pur non riuscendo ad ascoltarlo, fasciato – come lo tenevano – delle loro gramaglie di disillusione: sentivano ardore (lor stessi l’avrebbero confessato, ma lo facevan tacere). Credo sia opportuno che noi non abbiamo a fare una pari esperienza.
Siamo in un tempo propizio, tempo eccellente per la nostra fede di comunità e famiglia: quello dei sacramenti pei nostri figlioli: sabato le cresime, domenica la prima eucaristia (per non dire anche d’un matrimonio di giovani nostri e di ben cinque battesimi di bimbi tra noi) un tempo dunque straordinario di grazia da osservare con gli occhi giusti, a far gustare anche a quelli della carne quanto son capaci penetrare quei della fede. È un po’ come sulla strada di Emmaus, sia pur rigirando. Conosciamo bene i nostri figliuoli, ma con occhi sol velati d’abitudine: non vedono tutto.
Anzi non vedono quanto più conta ch’è la grazia del Signore; immersi nei sacramenti, ce la portano loro, proprio i nostri ragazzi. Proviamo a scrutare col cuore aiutato dalla fede e libero da certezze – o sicumere – d’adulti: saprem vedere quanto conta e non appare.
Don Gianbattista Milani
parroco di Ballabio
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