Nei rifugi ho passato molti momenti tra i più belli della mia vita. Notti di attesa angosciata per qualche salita, serate di amicizia aiutata dal vino, storie pazzesche e canti stonati di fondo e quando, prima di andare a dormire, uscivi a vedere che tempo facesse, avevi, ogni volta, la sensazione di vivere il momento più bello della vita. Per questo, per me, i Rifugi rimangono un luogo incantato dove vivere momenti intensi e bellissimi.
Un giorno, su un libro ho trovato questa fotografia: i gestori del rifugio Hintergrat all’Ortles. La trovo una fotografia bellissima, un’immagine che può spiegare più di tante parole.
Quando mi capita di parlare di rifugi a dei bambini tutto diventa semplice: a cosa servono, come si usano, quando e perchè sono stati costruiti. Il discorso vola subito alto, e racconto delle alpi come di una frontiera sull’ignoto, il far west, il limite, l’esplorazione del mondo e di questi monti. Posso parlare dello stupore di Ötzi davanti ai ghiacciai, di San Bernardo da Mentone e gli ospizi alpini, di Annibale con i suoi elefanti, degli esploratori delle armate di Cesare. Davanti a tutta questa avventura mi sembra logico e chiaro il perché l’uomo abbia dovuto costruirsi dei Rifugi per ripararsi da tanta natura.
Spesso è molto più complicato spiegare ad un adulto quale sia il senso di questi edifici. Nati da ideali nobili e sempre più in difficoltà in un mondo che è sempre meno nobile e poetico. È sempre più difficile far passare l’idea che il Rifugio abbia delle regole, semplici, di convivenza e che non tutto si risolve con il pagare.
Anche in seno al CAI molti non trovano più il senso dell’esistenza dei rifugi, come se quel ciclo fosse concluso, e li sopportano nel rispetto della memoria dei soci che li hanno costruiti.
Negli ultimi anni ho sentito sempre più forte la tendenza di ricreare nel rifugio l’hotel; l’idea di accontentare il cliente e di seguire il mercato e la moda, casomai cercando di sostituire l’alpinista con clienti più danarosi. E questa un’idea che vede i rifugi sconfitti in partenza data l’impossibilità di equipararsi ad un mercato che sposta di continuo l’asticella dei bisogni che crea e che può permettersi di sostenere.
Un’ alpinista svizzera mi raccontava della sua difficoltà nel frequentare i rifugi italiani troppo spesso impegnati in feste della birra, del paese, dei coscritti, adii al celibato e chi più ne ha più ne metta nel far sentire a disagio chi semplicemente va per montagne.
Per alcuni l’idea che è passata è che i rifugi siano questo.
MA IL RIFUGIO È PORTATORE DI UN’IDEA deve rimanere un luogo altro, come tali sono le montagne. Un luogo dove alcuni valori resistono e prevalgono sul mercato. Perché l’idea per la quale sono stati costruiti ed i valori che cercano di esportare sono quantomai attuali, il rifugio, la parola stessa rifugio rappresenta un bisogno dell’uomo.
UN’ECONOMIA DIVERSA E SOSTENIBILE
Questo non significa che il rifugio non possa essere una realtà economica, anzi, vuole dire spingersi oltre, conquistare con questa alterità un’ ampia fetta di mercato, tendere ad un economia moderna, etica e sostenibile, muoversi nel senso nel quale si sta muovendo il turismo che vede sempre di più l’affermarsi di realtà di accoglienza piccole e sostenibili (agriturismo, B & B).
IL RIFUGIO PRESIDIO DEL TERRITORIO
È importante ricordarsi di come i rifugi siano dei presidi del territorio, dei fari delle montagne. Controllo del territorio, soccorso alpino, avvistamento incendi, sentieristica, sono alcuni essenziali campi dove i rifugi si vedono parte attiva. Queste attività, che sembrano essere solo un accessorio all’accoglienza, sono invece il vero e indispensabile contributo dei rifugi alla collettività. Spesso di questo si dimenticano il CAI, gli enti territoriali e purtroppo gli stessi gestori impegnati (sempre di più in quanto sempre più imprenditori) nella quotidiana lotta per la sopravvivenza.
E come per lo stolto che guarda il dito che indica la luna e ora di chiarire che parlando di rifugi si parla di un rapporto tra uomo e montagna, un rapporto mite, sostenibile, rispettoso. Una presenza dell’uomo in sintonia con l’ambiente, un presidio che permette di tener controllate le montagne anche dall’opera dell’uomo stesso. Quanto si risparmia, quanto risparmia la collettività, avvistando per tempo un incendio? Quanto vale la presenza di un rifugio in caso di incidente in montagna? Su questo si deve valutare l’importanza dell’istituzione Rifugi e non sulla loro dotazione di vasche a idromassaggio o bagni di fieno. Il CAI dovrebbe sensibilizzare le regioni, le provincie e quant’altri sulla indispensabilità di questo lavoro, l’importanza di questa presenza e farla sostenere.
Tempo fa l’amico Mauro del rifugio Rosalba ha avvistato sul nascere, a distanza di chilometri, due incendi. L’intervento tempestivo ha risparmiato ambiente e soldi di tutti.
Quello che l’uomo abbandona non torna alla natura ma va all’abbandono. Se l’uomo giusto ha il compito di servire il disegno della natura, sulle montagne, dove sono stati costruiti, devono rimanere i Rifugi.
Claudio